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Dieci anni dalla scomparsa di Alda Merini, le poesie più belle

Spettacolo

Matteo Rossini

A distanza di dieci anni dalla scomparsa di Alda Merini, il Comune di Milano ha deciso di intitolarle il ponte situato nei pressi della sua casa di Ripa di Porta Ticinese. Vediamo alcune delle opere più belle della poetessa.

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Venerdì 1° novembre 2019 ricorre il decimo anniversario della scomparsa di Alda Merini, una delle penne più intense, dirette, popolari e amate della letteratura italiana. La poetessa nasce il 21 marzo 1931 in via Mangone, nella zona milanese di Porta Genova, ma la vita la mette subito alla prova e poco più che bambina è costretta a fuggire a Vercelli per lo scoppio del secondo conflitto bellico.

Alda Merini: la celebrazione milanese

Le opere di Alda Merini hanno emozionato, commosso e colpito milioni di lettori grazie a uno stile inconfondibile con il quale ha tracciato e raccontato alcuni dei sentimenti più intimi e profondi degli esseri umani.

In occasione del decimo anniversario, il Comune di Milano darà il via a una serie di iniziative per ricordare una delle voci più popolari del capoluogo meneghino, tra gli eventi previsti la cerimonia di intitolazione del ponte sul Naviglio Grande situato nei pressi della sua abitazione di Ripa di Porta Ticinese.

Le varie iniziative previste nella città sono presenti anche sulla pagina Facebook collegata al sito ufficiale, aperto dalle quattro figlie Emanuela, Flavia, Barbara e Simona per raccontare la storia e le opere di una delle più grandi artiste del Bel paese.

Sono nata il ventuno a primavera (da “Vuoto d’amore”)

Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.

Il gobbo (22 dicembre 1948 – da”Poetesse del Novecento” 1951)

Dalla solita sponda del mattino
io mi guadagno palmo a palmo il giorno:
il giorno dalle acque così grigie,
dall’espressione assente.
Il giorno io lo guadagno con fatica
tra le due sponde che non si risolvono,
insoluta io stessa per la vita
… e nessuno m’aiuta.
Mi viene a volte un gobbo sfaccendato,
un simbolo presago d’allegrezza
che ha il dono di una stana profezia.
E perché vada incontro alla promessa
lui mi traghetta sulle proprie spalle.

No, non tornare (da “Destinati a morire” 1980)

No, non tornare, avrei crudo sgomento
e mi toglieresti a questi dolci sogni
o forse troveresti che disfatta
è la mia carne e la mia croce viva,
non tornare a vedermi, sono in pace
con le sfere assolute dell’amore
e mi giaccio scoperta e solitaria
come una rosa sfatta nel sereno.

Potresti anche telefonarmi (da “La volpe e il sipario” – 1997)

Potresti anche telefonarmi
e dirmi in un soffio di vita
che hai bisogno del mio racconto:
favole di una bimba che legge i sospiri,
favole di una donna che vuole amare,
una donna che cerca un prete
per avere l’estrema unzione.

Anima, solamente la parola (da “Superba è la notte”)

Anima, solamente la parola
tace e si affranca il sentimento
il segreto che turpe mi appassiona
sulla scoperta che non feci mai
del cadavere vecchio di una donna
che aveva mille mani, dissepolta
dalla calunnia, quell’andare stordito
sopra i barconi della vedovanza.
Ricordami il pensiero della vita
tu che ti sei calato nelle pietre
credendole il mio fango musicale.

Canto alla luna (da “Vuoto d’amore” Einaudi 1991)

La luna geme sui fondali del mare,
o Dio quanta morta paura
di queste siepi terrene,
o quanti sguardi attoniti
che salgono dal buioa ghermirti nell’anima ferita.

La luna grava su tutto il nostro io
e anche quando sei prossima alla fine
senti odore di luna
sempre sui cespugli martoriati
dai mantici
dalle parodie del destino.

Io sono nata zingara, non ho posto fisso nel mondo,
ma forse al chiaro di luna
mi fermerò il tuo momento,
quanto basti per darti
un unico bacio d’amore.

Un’armonia mi suona nelle vene (da “La Terra Santa” 1996)

Un’armonia mi suona nelle vene,
allora simile a Dafne
mi trasmuto in un albero alto,
Apollo, perché tu non mi fermi.
Ma sono una Dafne
accecata dal fumo della follia,
non ho foglie né fiori;
eppure mentre mi trasmigro
nasce profonda la luce
e nella solitudine arborea
volgo una triade di Dei.

I versi sono polvere chiusa (da “La Terra Santa”)

I versi sono polvere chiusa
di un mio tormento d’amore,
ma fuori l’aria è corretta,
mutevole e dolce ed il sole
ti parla di care promesse,
così quando scrivo
chino il capo nella polvere
e anelo il vento, il sole,
e la mia pelle di donna
contro la pelle di un uomo.

Amore che giaci (da “Ballate non pagate”)

Amore che giaci
dentro un’ampolla di vetro
per le ricerche nobili
di chi ha scoperto
il verde delle stagioni,
con gli arabeschi dei prati
abbiamo intessuto la veste
e giubilando del nulla,
attoniti dentro la fede,
abbiamo gustato il vino
dell’incantevole inganno.

Getto noccioli di cartone (da Ballate non pagate, 1995)

Getto noccioli di cartone,
suono per militi di cartapesta,
ora sono tutta funesta
e ho dato mille canzoni.