L’étoile, 55 anni, torna nel suo teatro per interpretare Woolf Works, pluripremiata coreografia di Wayne McGregor. “Un balletto che mi ha catapultato nell’oggi. Dimostra che possiamo evolverci lasciando andare il passato ma portandolo dentro di noi” racconta a Sky Tg24
“E’ un balletto che mi ha cambiato la vita. Che mi ha catapultato in quello che è oggi la danza. Che ci dimostra come possiamo evolverci lasciando andare il passato ma portandolo dentro di noi ”. Così Alessandra Ferri confessa a Sky Tg24 (l'intervista integrale) cosa abbia rappresentato nella sua carriera Woolf Works, la coreografia di Wayne McGregor ispirata a tre romanzi di Virginia Woolf (Mrs Dalloway, Orlando e The Waves) creata appositamente per lei. Un balletto pluripremiato, nato nel 2015 per il Royal Ballet di Londra su musiche di Max Richter, che arriva per la prima volta in Italia al Teatro alla Scala di Milano dove sarà in scena fino al 20 aprile (FOTO).
Alessandra Ferri racconta la sua Virginia Woolf
“E’ stata una richiesta inaspettata. Avevo già 50 anni e conoscevo bene la fatica fisica dei Lavori di Wayne. Mi ha detto: ‘Ho bisogno dell’animo di Virginia Woolf’. Mi ha convinto così” racconta l’étoile che a 55 anni resta ancora protagonista assoluta della danza internazionale. “Voleva una ballerina che potesse portare una grande umanità in scena” aggiunge . Una danzatrice capace di liberare quel flusso di coscienza proprio della scrittura di Virginia Woolf e ridare voce a un animo diventato poi simbolo dell’indipendenza femminile. Come quello di Eleonora Duse, altro ruolo che appartiene a questa seconda vita sulle scene di Alessandra Ferri dopo l’addio del 2007. “Sono due donne forti, indipendenti che hanno compreso che la loro vera essenza era nella loro creatività. Trovo una grande affinità. Pur amando, pur avendo una famiglia mi sento consapevole che siamo qualcosa in più di alcuni ruoli domestici. Le mie figlie sono ancora giovani ma hanno una madre che con l’esempio dimostra che si può essere tutto quello che si vuole”.
E così lei, che per tanti anni è stata una memorabile Giulietta o Manon, si riscopre oggi nei panni di donne più moderne in coreografie contemporanee e sperimentali create appositamente per lei. Come in Woolf Works. “E’ un lavoro molto importante nella storia della danza, credo che ci sia un prima e un dopo. E’ una riflessione sulla propria vita, un lasciar andare il passato, un volergli bene”.
Il grande ritorno alla Scala
Un grande ritorno, quello dell’étoile nel suo teatro, dopo l’unicum del 31 dicembre del 2016 quando tornò Giulietta per una sera. Accanto a lei sul palco del Piermarini, così come fin dalla creazione di “Woolf Works" Federico Bonelli, principale dancer del Royal Ballet. “E’ un lavoro nato per due artisti italiani incredibili” ha osservato il coreografo Wayne McGregor durante la conferenza stampa. E ha sottolineato: “La stessa Virginia Woolf aveva una grande passione per la danza. Per lei la scrittura è ritmo, musica, coreografia, esplorazione sul tempo”. Un balletto non narrativo, ma nel pieno astrattismo di McGregor, fatto di emozioni, suggestioni, sensazioni, stati d’animo. Dei fantasmi e dei tormenti della scrittrice più anticonvenzionale del XX secolo ma anche dei suoi affetti e della sua creatività. Un balletto che si apre con l'unica registrazione esistente del 1937 per un programma radio della Bbc e che nel terzo atto ha in sottofondo la lettura della lettera che Virginia scrisse nel 1941 prima di lasciarsi annegare in un fiume non lontano da casa dopo essersi riempita le tasche di sassi.