Il segreto del successo sarebbe scritto nel DNA
ScienzeI soggetti in possesso di un determinato corredo genetico sarebbero più prosperi rispetto ai propri genitori e parenti, indipendentemente dalla classe sociale e dall'origine
Il segreto per una vita di successo sarebbe scritto nei geni. Oltre ad una sana dose di fortuna, e ad una grande determinazione, infatti, ci sarebbe anche lo zampino di Madre Natura dietro all'ascesa delle persone vincenti. E' quanto emerge da uno studio condotto da un gruppo internazionale guidato dalla Duke University, negli Stati Uniti d'America, il cui risultato è stato pubblicato sulla rivista dell'accademia americana delle scienze (Pnas).
La vera chiave per il successo
I ricercatori hanno esaminato 20mila persone, di entrambi i sessi, tra cittadini residenti negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Nuova Zelanda, per capire se il loro comparto genetico abbia avuto un ruolo determinante nella capacità di imparare a leggere precocemente o nei risultati scolastici conseguiti durante gli studi. I dati raccolti sono stati tradotti in un punteggio, utilizzato come parametro per confrontare le persone in base ai risultati ottenuti. Quanto è emerso è per certi versi sorprendente: i soggetti in possesso di un determinato corredo genetico sarebbero risultati agevolati nell'apprendimento e più prosperi rispetto ai propri genitori e parenti, indipendentemente dalla classe sociale e dall'origine.
Successo e felicità non sono sinonimi
Di successo sì, ma non per questo più felici. Intelligenza e soddisfazione personale, infatti, non sono sempre sinonimi. Secondo uno studio condotto dal docente di Marketing all'Università del Texas, Raj Raghunathan, le due condizioni non andrebbero necessariamente di pari passo. Nel suo libro intitolato "If You’re So Smart, Why Aren’t You Happy?", il professore ha cercato di spiegare cosa impedirebbe ai più fortunati di essere anche i più felici. "Nel mondo, domina questa aspettativa: se si sono raggiunti gli obiettivi prefissati, allora ci si sentirà felici. Ma spesso emerge che non è così. Da una parte, ciò è dovuto ad un processo di adattamento, dall'altra, al fatto che quando si vede una montagna davanti a sé, la si vuole scalare, ma una volta scalata, ci si rende conto che ci sono ancora tante montagne da scalare", le sue parole in una intervista rilasciata al "The Atlantic".