Si tratta di fenomeni temporaleschi che si auto-alimentano a causa del contrasto tra due masse d’aria con caratteristiche termiche e igrometriche differenti: una caldo-umida presente alle basse quote e un’altra più fredda e secca alle quote superiori della troposfera
La perturbazione che, nelle ultime ore, ha colpito l’Italia settentrionale, con particolare violenza le province venete di Padova e Vicenza, si inserisce nella casistica dei fenomeni atmosferici che i meteorologi chiamano “temporali autorigeneranti”.
Il fenomeno temporalesco
Si tratta di fenomeni temporaleschi che si auto-alimentano a causa del contrasto tra due masse d’aria con caratteristiche termiche e igrometriche differenti: una caldo-umida presente alle basse quote e un’altra più fredda e secca alle quote superiori della troposfera. In particolare, la convergenza al suolo delle due diverse masse d’aria e la loro divergenza alle alte quote troposferiche, mantiene attivo un intenso moto ascensionale all’interno del cumulonembo. Si tratta di un vero e proprio “risucchio” dell’aria, a velocità notevoli, anche superiori ai 50-70 Km/h, che favoriscono il raffreddamento dell’aria umida in ascesa e la successiva condensazione di grandi quantità di vapore acqueo, che vanno ad accrescere ulteriormente le dimensioni della cella temporalesca.
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Convergenza del vento al suolo
Il meteorologo vicentino Marco Rabito, sulle pagine del Corriere del Veneto, specifica che i temporali autorigeneranti “nascono da una convergenza del vento al suolo. Mercoledì avevamo un vento sud-orientale dall’Adriatico, caldo e umido, e correnti più secche dall’Appennino. Nel punto in cui convergono, si sollevano e generano nubi. L’autorigenerante continua a rigenerare se stesso in un tempo ridotto, nel caso veneto in un corridoio di 15-20 km dalla Bassa Veronese alla Bassa Padovana, e poi nel Vicentino. Così, il Bacchiglione scaricava acqua nel bacino di Caldogno, ma l’Orolo riportava l’acqua nel Bacchiglione, arrivato alla soglia di 6,04 metri”.
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