Batterio dell'epoca dei Neanderthal riportato in vita per la prima volta: ecco perché
ScienzeI ricercatori sono riusciti a ricostruire il Dna racchiuso nel tartaro depositato sui denti di 12 neandertaliani vissuti datati tra 100mila e 40mila anni fa, 34 esemplari di Homo sapiens risalenti ad un periodo compreso tra 34mila e 150 anni fa e 18 esseri umani di oggi. In questo modo, gli autori dello studio sono risaliti a numerose specie di microrganismi del passato, tra cui anche una mai descritta prima
Ricostruire i genomi batterici di agenti patogeni precedentemente sconosciuti risalenti al Pleistocene: Questo l'obiettivo a cui è stato orientato uno studio, pubblicato sulla rivista Science, condotto dagli scienziati del Leibniz Institute for Natural Product Research and Infection Biology, del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology e dell'Università di Harvard. Il team ha esaminato il tartaro nei denti di 12 uomini di Neanderthal vissuti tra 102 e 40 mila anni fa, 34 umani vissuti tra 20 mila e 150 anni fa e 18 individui moderni. La ricerca, guidata dagli Istituti tedeschi Leibniz e Max Planck per l'antropologia evolutiva di Lipsia, ha permesso di riportare in vita le molecole prodotte un tempo da questi batteri, che potranno aiutare a progettare farmaci e antibiotici del futuro.
Alla ricerca dei microrganismi presenti nel tartaro preistorico
Il tartaro, infatti, si fossilizza abitualmente durante il corso dell'esistenza, trasformando la placca dentale in un cimitero di batteri mineralizzati. I ricercatori hanno ricostruito numerose specie batteriche orali e sviluppato una piattaforma biotecnologica per far rivivere i prodotti naturali presenti all'interno di batteri antichi. Questi microrganismi, spiegano gli studiosi guidati da Martin Klapper, Alexander Hübner e Anan Ibrahim, possono costituire fucine di sostanze chimiche, ma l'analisi scientifica dei prodotti naturali ottenuti dai microbi è attualmente limitata ai soli batteri viventi.

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Materiale genetico che si degrada facilmente
"Dato che i batteri si trovano sulla terra da oltre tre miliardi di anni - osserva Christina Warinner, dell'Università di Harvard - esiste un'enorme diversità di prodotti naturali ancora sconosciuti che potrebbero svelare la storia del nostro passato microbico. Alcune di queste sostanze potrebbero avere importanti applicazioni future". Al momento della fine del ciclo vitale di un organismo, spiegano gli scienziati, il suo Dna si degrada rapidamente e si frammenta. Alcune di queste sezioni possono essere identificate, ma il materiale genetico antico non ha corrispondenza con quanto conosciuto oggi. I recenti progressi nell'informatica stanno ora rendendo possibile tecniche di ricostruzione dei frammenti di Dna per ottenere geni e genomi anche se sconosciuti. Questa tecnica è fortemente limitata dal degrado del materiale genetico.

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Identificate nuove specie di Chlorobium
"Abbiamo dovuto ripensare completamente il nostro approccio - riporta Alexander Hubner, altra firma dell'articolo su Science - ma siamo riusciti a ottenere tratti di materiale genetico con oltre 100mila paia di basi". In particolare, gli scienziati hanno identificato nuove specie di Chlorobium mai descritte prima. Successivamente, il gruppo di ricerca ha impiegato strumenti all'avanguardia per capire quali sostanze i batteri potessero sintetizzare. "Questo lavoro - commenta Martin Klapper, ricercatore post-dottorato presso il Leibniz Institute - rappresenta il primo passo verso un accesso più completo alla diversità chimica nascosta dei microbi del passato. Speriamo che questi risultati possano stimolare ricerche e iniziative simili volte a individuare nuovi potenziali antibiotici".
