Secondo i ricercatori del Lunar and Planetary Institute, a seguito dell’impatto di un meteorite avvenuto circa 66 milioni di anni fa e delle sue conseguenze disastrose, la vita sul nostro Pianeta potrebbe essere sopravvissuta all’interno di sistemi sotterranei nel fondo dei crateri da impatto
Il cratere Chicxulub, formato circa 66 milioni di anni fa a seguito dell’impatto di un meteorite del diametro di 12 chilometri sulla Terra, un tempo ospitava un ecosistema microbico sotterraneo. È quanto emerso da uno studio, condotto da un team internazionale di scienziati, coordinato da David Kring del Lunar and Planetary Institute, che fornisce nuovi possibili indizi sull’evoluzione della vita primordiale sul nostro Pianeta. Secondo gli autori della ricerca, a seguito dell’impatto del meteorite e del cambiamento climatico globale innescato dallo tsunami generato dallo schianto, la vita sulla Terra potrebbe essere sopravvissuta all’interno di sistemi sotterranei nel fondo dei crateri da impatto.
Tracce di un ecosistema microbico nel cratere Chicxulub
Per compiere lo studio, descritto nel dettaglio sulle pagine della rivista specializzata Astrobiology, i ricercatori hanno analizzato 4 campioni di roccia prelevati dal cratere Chicxulub, rivelando la presenza di piccole sfere di pirite.
Un’ulteriore analisi condotta sugli isotopi di zolfo presenti nel minerale, ha poi dimostrato che queste particolari strutture ospitavano un ecosistema microbico. Nello specifico, è emerso che i microrganismi un tempo presenti all’interno delle sfere di pirite si alimentavano delle reazioni chimiche avvenute nella roccia nel sistema idrotermale generato dall’impatto.
I risultati dello studio
Gli autori dello studio precisano che il cratere Chicxulub aveva un ambiente sotterraneo che ospitava “un vasto sistema idrotermale esistito per centinaia di migliaia, se non milioni di anni“. Inoltre, “gli organismi che riducono i solfati termofili che attualmente si trovano nelle stesse rocce, ora sepolti a centinaia di metri sotto il fondo del mare, potrebbero essere i resti viventi di quella colonia di microrganismi di circa 66-63 milioni di anni fa”. “La nuova scoperta rappresenta una pietra miliare e suggerisce come i siti di impatto durante l’Adeano potrebbero aver ospitato sistemi simili che hanno fornito nicchie per l’evoluzione precoce della vita sul nostro pianeta“, concludono i ricercatori.