Etna, l'Ingv ha mappato le zone a maggiore pericolosità sismica

Scienze

Per mettere a punto la mappa, gli esperti hanno confrontato i rilievi geostrutturali del terreno con i numerosi studi (aerofotogrammetrici, geofisici, satellitari) pubblicati su riviste scientifiche nazionali ed internazionali

In seguito alla scossa sismica di magnitudo Mw 4.9 che il 26 dicembre 2018 ha interessato il fianco sud-orientale dell’Etna, danneggiando le zone urbane di nove comuni, gli esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), su richiesta del Commissario Straordinario designato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, hanno elaborato una mappa statica e interattiva delle “microzone omogenee” delle faglie etnee attivate dal terremoto. Il risultato ottenuto è stato pubblicato sul sito del Commissario e rappresenta il frutto del lavoro di un team di ricercatori coordinato da Marco Neri, ricercatore dell’Ingv in comando presso la Struttura Commisariale. Nel gruppo erano presenti anche dei geologi del Genio Civile di Catania e dell’Agenzia Invitalia. L’uso della mappa consente di individuare sia le faglie che si sono attivate in occasione del terremoto, sia le zone di maggiore pericolosità sismica del territorio, distinguendole in Zone di Attenzione (Zafac), Zone di Suscettibilità (Zsfac) e Zone di Rispetto (Zrfac).

 

La creazione della mappa

 

Per mettere a punto la mappa, gli esperti hanno confrontato i rilievi geostrutturali del terreno con i numerosi studi (aerofotogrammetrici, geofisici, satellitari) pubblicati su riviste scientifiche nazionali ed internazionali. Il gruppo si è basato anche sui dati acquisiti dal gruppo specializzato Emergeo dell’Ingv. “Questa esperienza è stata particolarmente importante”, ha dichiarato il presidente dell’Ingv Carlo Doglioni. “La ricerca scientifica è stata “applicata” al territorio, traducendo in una forma comprensibile alcune attività di studio alquanto complesse condotte dall’Ingv, offrendole a tutta la popolazione con risvolti di grande utilità pubblica”, ha aggiunto. “Si tratta di un risultato importante e imprescindibile per la Struttura Commissariale e per le popolazioni terremotate, poiché consente di procedere rapidamente e in sicurezza alla ricostruzione del territorio interessato al sisma”, ha spiegato il Commissario Salvatore Scalia. 

 

La “fagliazione superficiale”

 

“Le persone sono consapevoli della pericolosità geo-vulcanica e sismica dell’Etna, ma il sisma del 26 dicembre 2018, diversamente da altri eventi del passato, ha prodotto anche una vistosa “fagliazione superficiale” del territorio che è stato possibile mappare con precisione, delle vere e proprie spaccature del terreno che si sono propagate anche nelle aree urbanizzate, danneggiandole gravemente”, ha aggiunto Marco Neri. La presenza delle fratture superficiali prodotte dal terremoto dev’essere tenuta in considerazione da chi pianifica la ricostruzione del territorio.

 

Consultare la mappa da smartphone

 

Alcuni contenuti della mappa sono stati digitalizzati, semplificati e resi disponibili tramite un’app WebGIS, ossia mediante una elaborazione grafica di immediata comprensione, a cui si può accedere anche da smartphone. Il suo utilizzo consente di “navigare” sul territorio scegliendo tra diversi tipi di visualizzazione geografica, evidenziando le faglie e le zone pericolose. È possibile individuare un determinato punto di interesse digitandone l’indirizzo nell’apposita barra di ricerca.

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