Può causare delle turbolenze su piccola scala, invisibili ai satelliti, che possono avere conseguenze rilevanti sul clima, il meteo e la pesca lungo le coste americane ed europee
I risultati di un nuovo studio, condotto dai ricercatori dell’Università dei Maryland, indicano che la corrente del Golfo, la circolazione di acqua calde e salate che dal Golfo del Messico raggiungono l’Atlantico settentrionale, agisce come un “frullatore” nell’oceano. Causa, infatti, turbolenze su piccola scala del tutto invisibili ai satelliti, che possono avere conseguenze rilevanti sul clima, il meteo e la pesca lungo le coste americane ed europee. I ricercatori sono giunti a questa conclusione tracciando il movimento delle acque tramite l’utilizzo di un colorante fluorescente.
Lo svolgimento della ricerca
Nel corso della loro ricerca, descritta sulle pagine della rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas), i ricercatori dell’Università del Maryland si sono imbarcati in pieno inverno su due navi oceanografiche e hanno rilasciato il colorante lungo il fronte settentrionale della corrente del Golfo, insieme a un galleggiante dotato di segnale acustico. Nei giorni successivi hanno seguito il suo percorso e hanno raccolto dei campioni utili per monitorare la concentrazione del colorante e le caratteristiche dell’acqua, come la temperatura e la salinità. In seguito, una volta tornati sulla terraferma, hanno sviluppato delle simulazioni ad alta risoluzione in grado di riprodurre il processo fisico di dispersione del colorante in mare, usando i dati emersi dalle analisi dei campioni d’acqua raccolti.
I risultati ottenuti
Grazie a questa procedura, il team ha ottenuto dei dati che dimostrano la capacità delle turbolenze che si sviluppano su aree ristrette di esercitare un’importante influenza sul cammino del colorante, determinando un significativo rimescolamento delle acque. L’impatto di questo fenomeno non deve essere sottovalutato, in quanto potrebbe avere delle conseguenze notevoli sulla biologia dell’ecosistema marino e sul clima: il rimescolamento, infatti, potrebbe condizionare la capacità dell’oceano di assorbire l’anidride carbonica dall’atmosfera, riducendo l’effetto serra. Allo studio hanno collaborato anche degli esperti dell’Università di Stanford, dell’Università del Massachusetts, del Dartmouth College, dell’Università di Cambridge, dell’Università di Washington, dell’Università di Victoria e dell’Università dell’Oregon.