Anoressia e bulimia, uno studio genetico per trovare nuove cure
ScienzeI ricercatori della UCL indagheranno il ruolo della predisposizione genetica e delle abitudini dei genitori nello sviluppo dei disturbi alimentari, così da favorirne la prevenzione
La predisposizione genetica potrebbe avere un ruolo più importante di quanto si creda nello sviluppo di disturbi alimentari come anoressia e bulimia. Finanziati da una borsa di studio della fondazione MQ, i ricercatori della University College London (UCL) metteranno sotto la lente d’ingrandimento questo legame, insieme alle abitudini alimentari che si sviluppano da bambini, per capire se esistano altri fattori oltre a quelli psicologici che possono favorire l’insorgere di condizioni sempre più diffuse, che si presentano solitamente prima dell’età adulta. L’obiettivo del team di ricerca è capire come individuare questi disturbi prima che si sviluppino e informare le persone su abitudini corrette e possibili nuove cure.
Disturbi alimentari: ignorate predisposizioni dei bambini
Nonostante un’incidenza sempre maggiore dei disturbi alimentari, con tre milioni di persone colpite in Italia e una spesa annua di circa 15 miliardi di sterline nel Regno Unito, c’è ancora “una conoscenza limitata riguardo all’insorgere di queste condizioni, quindi la prevenzione è impossibile e i trattamenti spesso impiegano anni prima di dare risultati”, come spiega MQ. Fino ad ora, gli studi in questo ambito si sono concentrati su fattori di rischio psicologici, come l’immagine del proprio corpo e la bassa autostima, considerate come possibili cause di anoressia, bulimia e altre condizioni. Secondo Clare Llewellyn, che ha coordinato il team di ricerca, l’attenzione sulla sfera sociale ha portato a ignorare “le caratteristiche proprie del bambino e le predisposizioni”.
Caratteristiche genetiche e abitudini alimentari
Il lavoro del team della UCL si baserà su studi condotti da Llewellyn sull’obesità, che mostrano come l’appetito di un bambino possa essere condizionato sia da caratteristiche genetiche che da come i genitori decidono di nutrirlo, fattori che possono portare negli anni all’eccesso di peso. I ricercatori cercheranno quindi di capire, come suggerito da alcuni recenti lavori, se questi elementi giochino qualche ruolo in quei comportamenti associati con condizioni come anoressia o bulimia nervosa: per farlo, guarderanno ai dati provenienti da gemelli che sono stati monitorati dalla nascita fino all’adolescenza, che potrebbero dare indicazioni importanti sull’effetto delle pratiche genitoriali sull’alimentazione e aiutare a comprendere chi rischia maggiormente di sviluppare tali comportamenti. Secondo Llewellyn, “la maggior parte delle persone non si rende conto di quanto l’appetito possa essere controllato dal cervello”. L’obiettivo delle future scoperte sarà quello di informare i genitori su come trasmettere sane abitudini alimentari e aiutare a individuare questi disordini nelle fasi iniziali. Inoltre, lo studio potrebbe risultare utile anche nello sviluppo di medicinali che possano influenzare l’appetito.