È in orbita Eseo, satellite progettato da studenti di dieci università
ScienzeIl satellite è stato lanciato lunedì 3 dicembre dalla base californiana di Vandenberg a bordo di un razzo SpaceX. Il centro di controllo è stato allestito nel Campus di Forlì
Il satellite Eseo (European Student Earth Orbiter) è stato lanciato con successo nello spazio e ha già raggiunto l’orbita della Terra. Realizzato grazie a un’iniziativa dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), il satellite è stato interamente progettato e assemblato da più di seicento studenti iscritti a dieci università europee, tra le quali figura anche l’Università di Bologna. Il lancio è avvenuto con successo lunedì 3 dicembre alle 19.32 (ora italiana) dalla base californiana di Vandenberg e il centro di controllo della missione è stato allestito presso il campus di Forlì dell’ateneo bolognese. Eseo è partito a bordo del razzo SpaceX Falcon 9 nell'ambito della missione SpaceFlight SSO-A SmallSat Express.
Componenti assemblati in Italia
Eseo ha una base quadrata con lati di 33 centimetri, un’altezza di 66 centimetri e un peso complessivo di 50 chilogrammi. Al suo interno sono custoditi diversi strumenti progettati dagli studenti, tra i quali ci sono apparecchi tecnologi che permetteranno di scattare foto della Terra, misurare i livelli di radiazioni, testare tecnologie piccole ed economiche pensate per future missioni spaziali e dialogare con le stazioni terrestri che seguono il satellite. Tutti i componenti sono stati ideati dal team di studenti, compresa la piattaforma del satellite, e sono stati costruiti dalla Sitael, azienda italiana specializzata in progetti spaziali e che alcuni anni fa ha incorporato ALMASpace, società nata come spin-off dell’università del capoluogo emiliano.
In orbita per sei mesi
Il satellite resterà nello spazio per 6 mesi, al termine dei quali il progetto potrebbe essere prorogato per un altro anno. Una volta portata a compimento la sua missione, una speciale vela permetterà a Eseo di lasciare la sua orbita e di acquistare una velocità di rientro tale che causerà la sua totale dissoluzione a contatto con l’atmosfera terrestre. In questa maniera, il progetto non contribuirà ad aumentare la quantità di detriti spaziali.