Scoperta una specie di ragni che allatta i propri piccoli

Scienze
Immagine di archivio (Getty Images)

Le madri producono una sostanza simile al latte e contenente un’elevata quantità di proteine. L’allattamento dura quasi 40 giorni

La capacità delle madri di produrre latte per i propri piccoli è generalmente considerata una caratteristica tipica dei mammiferi, tuttavia un gruppo di scienziati dell’Accademia delle scienze cinese ha da poco scoperto una specie di ragni in grado di fare lo stesso. Le madri, infatti, nutrono i figli con una sostanza simile al latte e continuano a prendersi cura di loro quasi fino all’età adulta.
Altre specie nel regno animale alimentano i figli con un processo simile all’allattamento. Per fare un esempio, i piccioni, i fenicotteri e i maschi di pinguino reale producono il cosiddetto ‘latte del gozzo’, una sostanza ricca di grassi e di proteine, derivante dallo sviluppo delle cellule epiteliali del gozzo. Tuttavia, l’intensità e la durata delle cure materne osservata nei ragni non trova paragoni nelle altre specie.

Le proprietà del latte di ragno

Le osservazioni sono state condotte su una specie di ragni Salticidi piuttosto comune a Taiwan. Gli scienziati hanno scoperto che i piccoli sono del tutto dipendenti dal latte prodotto dalle femmine, il quale contiene una quantità di proteine superiore circa quattro volte a quella presente nel latte di mucca. Inizialmente, i nascituri bevono le gocce di latte presenti sulla superfice del nido, per poi succhiare la sostanza direttamente dall’addome della madre.

Il latte migliora le condizioni di salute della prole

Le madri della specie continuano a prendersi cura della prole e a nutrirla per quasi 40 giorni. In questo lasso di tempo, i piccoli diventano in grado di procacciarsi il cibo da soli, eppure non smettono di bere il latte materno fino a quando non sono vicini alla maturità sessuale. Pur non essendo fondamentale per la sopravvivenza dei nascituri, la sostanza migliora le loro condizioni di salute e incrementa le loro possibilità di sopravvivenza una volta adulti.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulle pagine della rivista specializzata Science

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