Collisione tra buchi neri: una tecnica ne ascolta il suono
ScienzeMesso a punto dai ricercatori dell’Università australiana di Monash, coinvolti nella scoperta delle onde gravitazionali premiata con il Nobel per la Fisica nel 2017, il metodo si basa su complesse simulazioni attraverso un nuovo super computer
La collisione tra buchi neri non solo genererebbe increspature nel tessuto spazio temporale, note come onde gravitazionali, ma anche uno specifico suono. I ricercatori dell'Università australiana di Monash, coinvolti nella scoperta delle onde gravitazionali valsa il Nobel per la Fisica nel 2017, hanno sviluppato un nuovo metodo per ascoltare questi eventi astronomici, basato su complesse simulazioni che sfruttano il nuovo super computer dell’Università australiana di tecnologia Swinburne. I risultati delle loro analisi sono stati pubblicati sulla rivista "Physical Review X".
La voce dei buchi neri
Le onde gravitazionali generate dalla fusione dei buchi neri produrrebbero un caratteristico suono convulso, come emerso dai dati raccolti attraverso i rilevatori di onde gravitazionali. La nuova tecnica sviluppata dall'istituto australiano potrebbe svelare la presenza di migliaia di buchi neri, invisibili per definizione, che sono rimasti nascosti fino ad oggi. Recenti studi hanno dimostrato che le collisioni tra coppie di buchi neri sarebbero molto più frequenti del previsto e riuscire a individuare il suono di questi eventi astronomici potrebbe rappresentare un passo avanti importante nello studio di questi "cannibali cosmici".
Il suono del "Big Bang"
I ricercatori australiani che hanno realizzato la nuova tecnica di ascolto sono gli stessi che sono stati coinvolti nella scoperta delle onde gravitazionali, premiata nel 2017 con il Nobel per la Fisica. Secondo loro, ogni anno ci sarebbero circa 100 mila eventi cosmici che generano onde gravitazionali troppo deboli per essere ascoltate con gli esperimenti terrestri, malgrado la loro estrema sensibilità. La loro tecnica mira proprio a intercettare questi "sussurri" perduti nel cosmo. "La nostra speranza - ha concluso Eric Thrane, uno dei coordinatori della ricerca - è perfezionare questa tecnica per potere un giorno arrivare a sentire anche la voce delle onde gravitazionali emesse dal Big Bang".