"Catturata" l'impronta delle prime stelle che hanno acceso l'Universo

Scienze
Il segnale registrato dai ricercatori permette di datare le prime stelle 180 milioni di anni dopo il Big Bang (Getty Images)
GettyImages-Universo

Un’antenna radio dell'esperimento Edges, nel deserto dell'Australia occidentale, ha registrato il debole riflesso dell'alba cosmica che ha messo fine all’Età Oscura del cosmo. Secondo i ricercatori la scoperta potrebbe aprire le porte a una nuova fisica  

Un gruppo di ricerca guidato dal Massachusetts Institute of Technology e dall’Università dell'Arizona ha registrato il segnale liberato nell’universo dalle prime stelle nate dopo il Big Bang. Si tratta di una scoperta eccezionale che, secondo i ricercatori, dimostra che l’Età Oscura del cosmo è terminata "appena" 180 milioni di anni dopo la grande esplosione primordiale. "Questo segnale - ha spiegato in un comunicato Colin Lonsdale, direttore del Haystack Observatory del Mit – rappresenta il primo sguardo su un periodo particolarmente importante nell'universo, durante il quale le stelle e le galassie hanno cominciato a formarsi". I ricercatori, che hanno pubblicato la loro scoperta in uno studio comparso sulla rivista Nature, sono convinti che questa rilevazione possa aprire le porte ad una nuova fisica.

Segnale rintracciato da un antenna in Australia

La luce delle prime stelle, secondo lo studio, avrebbe diradato la nebbia di idrogeno che oscurava il neonato universo, generando un debole segnale dalle caratteristiche inattese. Questa traccia, dopo oltre venti anni di ricerche, è stata catturata da un’antenna radio dell'esperimento Edges, nel deserto dell'Australia occidentale che, nonostante le sue limitate dimensioni, è riuscita a distinguere il debole riflesso dell'alba cosmica tra interferenze migliaia di volte più forti. Una volta captato il segnale, i ricercatori si sono accorti che esso presentava caratteristiche inattese, probabilmente dovute all'azione della materia oscura, ossia la massa invisibile che occupa il 25% del cosmo. Ragione per la cui la scoperta apre nuovi fronti nello studio dell’universo. 

Nuove prospettive

Intervistato dall’Ansa, Ettore Carretti, ricercatore dell'Istituto di Radioastronomia dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) di Bologna, ha dichiarato: "Quando ho visto lo studio ho pensato: wow! È un risultato che attendevamo da oltre 20 anni, una vera pietra miliare che ci permetterà di capire meglio l'evoluzione dell'Universo, di cui le stelle sono i mattoni fondamentali". Secondo lo scienziato, infatti, il segnale "sarà un importante punto di partenza per nuove misurazioni che ci permetteranno di mappare la nascita delle stelle nelle diverse regioni del cielo, valutando anche la velocità con cui hanno modificato la nebbia di idrogeno intorno a loro".

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