Una ricerca pubblicata sulla rivista "Radiocarbon" ha attestato la datazione attribuita dalla tradizione. Quella che è considerata una reliquia è conservata da 700 anni nel convento di Montella, in provincia di Avellino
Per la prima volta il "sacco di San Francesco", una reliquia che la tradizione attribuisce al santo di Assisi, è stata esaminata con criteri scientifici: i risultati hanno confermato la datazione del manufatto, risalente al XIII secolo, e persino il fatto che all'interno fosse contenuto del pane, esattamente come ritenuto dai fedeli. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista "Radiocarbon", edita dalla Cambridge University Press.
Il sacco di San Francesco
La reliquia è conservata da 700 anni presso il convento francescano di Folloni, a Montella (Avellino). Il sacco sarebbe apparso sulla porta del convento nell'inverno del 1224, con al suo interno il pane inviato da San Francesco d'Assisi, che in quel momento si trovava in Francia. La leggenda racconta che fu un angelo a portare il sacco per conto del santo e aiutare così i monaci, colpiti dalla fame e dagli attacchi dei lupi.
La ricerca
La ricerca, compiuta da ricercatori delle università di Pisa, della Sud Danimarca e di Leiden (Olanda), ha analizzato con il test del radiocarbonio un frammento del sacco. La datazione stimata va dall'1220 al 1295: un lasso temporale compatibile con la leggenda. La presenza di un particolare composto chimico, invece, ha confermato la presenza del pane: “Le analisi che poi abbiamo effettuato tramite gascromatografia con rivelazione a spettrometria di massa hanno rivelato la presenza di ergosterolo, che è appunto un marcatore molecolare noto negli studi archeometrici come indicatore di lievitazione per la produzione di birra o pane", ha spiegato la professoressa Ilaria Degano, fra gli autori della ricerca. “E' molto interessante dal punto di vista analitico - ha aggiunto - che un marcatore molecolare riesca a conservarsi in campioni così antichi”. La studiosa ha poi chiarito che “per essere sicuri dei risultati ed escludere il rischio di contaminazione” sono stati esaminati anche “altri oggetti conservati insieme alla reliquia"; nei quali - infatti - non era presente “alcuna traccia di ergosterolo”. Per quanto questi elementi non siano una prova determinante, conclude lo studio, l'analisi dimostra che il sacco potrebbe essere autentico.