Il materiale super-resistente? Potrebbe arrivare dalle corna dei cervi

Scienze
Il cervo utilizza le corna nei suoi duri combattimenti: per questo la loro struttura è super-resistente (Getty Images)
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La natura ha plasmato una struttura molecolare in grado di resistere agli urti più violenti. E ora uno studio della Queen Mary University di Londra - anche grazie a tre Italiani - ne svela i segreti. Che potrebbero aprire la strada alle più disparate applicazioni

È stato scoperto il segreto della resistenza delle corna dei cervi: uno studio della Queen Mary University di Londra, pubblicato sulla rivista "Acs Biomaterials science&engineering", ha rintracciato nella particolare disposizione delle fibrille di collagene uno schema che potrebbe essere riprodotto per la creazione di nuovi, robustissimi materiali. Tre dei quattro autori della ricerca sono italiani: Paolino De Falco, Ettore Barbieri e Nicola Maria Pugno.

 

Le corna viste da vicino - Gli autori della ricerca sono riusciti a osservare la struttura che compone le corna del cervo indagando a un “nano-livello”, un grado di profondità estremamente elevato capace di scorgere elementi quasi mille volte più fini di un capello. Lo strumento utilizzato per compiere questa scansione si è avvalso di una tecnologia a raggi X, emessi da un sincrotrone (un tipo di acceleratore di particelle). In tal modo è stato possibile identificare la tipica disposizione molecolare che fa delle corna di cervo delle armi pronte a resistere anche a urti molto violenti. Nel dettaglio, le fibrille di collagene, anziché essere disposte in linea fra loro, sono “sfasate”. Ed è questo che “permette di assorbire l'energia che deriva dall'impatto durante il combattimento'' della specie, spiega in un comunicato dell'Università il primo autore dello studio, Paolino De Falco, che lavora presso la Scuola di ingegneria e scienza dei materiali della Queen Mary.

 

Le applicazioni per nuovi materiali - “La ricerca - spiega sempre comunicato - riempie i vuoti nell'area della modellazione strutturale dell'osso” e “apre possibilità per la creazione di una nuova generazione di materiali che possono resistere ai danni”. Per riuscirci interverrà in aiuto la tecnologia delle stampanti 3D: ''Il nostro prossimo passo sarà quello di ricreare un modello stampato in 3D con le fibre disposte in questa configurazione sfasata e unite da un'interfaccia elastica”, spiega il co-autore Ettore Barbieri, “l'obiettivo è dimostrare che la manifattura additiva – nella quale il prototipo viene creato depositando uno strato alla volta - può essere usata per realizzare materiali compositi resistenti al danneggiamento''. Le applicazioni, quindi, potrebbero essere le più svariate: dall'ambito medico fino a quello industriale.

 

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