La legge sugli arresti cardiaci resta inapplicata in Italia. Così le morti aumentano

Il più grande studio fino ad ora realizzato sugli arresti cardiaci in Europa è stato condotto da EuReCa Three, che ha analizzato 45mila casi e ci dice che la percentuale di sopravvivenza media è pari al 7,5%, ma anche che in Italia questo valore scende al 6,6%. Va precisato che il campione italiano di riferimento era di piccole dimensioni quindi meno rappresentativo della situazione generale. Presidente Scapigliati, partiamo dall’inizio, quali sono gli elementi che fanno la differenza quando si parla di rianimazione durante un arresto cardiaco? La tempestività è fondamentale immagino Dietro alla tempestività dell’intervento ci sono anche delle pratiche. Come faccio ad essere tempestivo? Devo rendere il maggior numero possibile di persone consapevoli che se una persona cade a terra priva di sensi, e apparentemente non in grado di respirare e rispondere, quella situazione è una situazione grave, perché non richiede solo di chiamare il 112, ma richiede a chi è presente di iniziare a fare qualcosa. Il primo intervento è rendere le persone consapevoli e, possibilmente, intercettarle in un momento della loro crescita civile, che può essere la scuola, che può essere il momento in cui vanno a prendere la patente, in cui vengono formate anche alle minime competenze pratiche essenziali che permettono di iniziare il soccorso, perché è questo che fa la differenza. Ci sono poi altri elementi. Poniamo di avere il soccorritore ideale, che è stato formato a scuola e si accorge che siamo di fronte ad un arresto cardiaco, chiama il 112 e di che cosa ha bisogno? Ha bisogno che al telefono gli risponda qualcuno che rapidamente lo aiuti a fare quello che magari si sta dimenticando di fare o che non sta facendo bene. La seconda cosa è che l’operatore, o già il soccorritore, abbia la possibilità di individuare rapidamente dove si trova il defibrillatore più vicino. Questa ricerca può essere fatta idealmente attraverso delle applicazioni, che noi abbiamo insistentemente chiesto che fossero uguali su tutto il territorio nazionale, che mi permette di fare due cose: magari mettermi in collegamento con l’operatore del 112 e, sempre tramite applicazione, vedere dov’è il defibrillatore più vicino. L’applicazione serve poi a fare un’altra cosa fondamentale, che si è visto cambiare sensibilmente i tempi di intervento: inserire in un database, gestito dalle centrali operative del 118, tutte le persone che hanno fatto un corso di rianimazione cardiopolmonare, che, se mai venissero localizzate nei paraggi di un chiamante per soccorso, sarebbero allertate per recarsi ad aiutare. Lei pone come caso l’arrivo di un soccorritore ideale, che è stato formato a scuola, però non mi pare che i nostri ragazzi a scuola vengano formati per questo. Abbiamo dato al legislatore tutti gli elementi per poter avere accanto alla vittima di arresto cardiaco una serie di altri fattori, che la scienza ci dice essere quelli che fanno la differenza, e soprattutto abbiamo supportato due interventi legislativi, nel 2015 e nel 2021, che introducono la formazione su questi temi a scuola. Da allora stiamo ancora aspettando. Siamo purtroppo in una impasse spiacevole, che ci mette tutti a disagio, perché in Italia noi abbiamo già dal 2021 una legge particolarmente illuminata, che accoglieva al suo interno questi suggerimenti che venivano da persone competenti, ma abbiamo ancora difficoltà a vedere questa legge messa in pratica. Sicuramente possiamo insegnare ai ragazzi come agire in base alla loro età, anche ai ragazzini possiamo insegnare che se vedono una persona in difficoltà, che si lamenta, il telefono che loro già usano per mille altri scopi, diventa lo strumento con cui allertare i soccorsi, cosa che per altro in alcune occasioni aneddotiche capita. Lei parla anche di una app unica nazionale che sarebbe in grado di fornire moltissime informazioni e attivare una serie di allarmi. Qual è la difficoltà nell’adottarne l’uso? La cosa importantissima, che sta a monte di tutto questo, sarebbe un registro dei defibrillatori, cioè: quando un defibrillatore viene posizionato in un punto del territorio, che sia un’abitazione privata o una farmacia, un ufficio, una scuola, bisognerebbe che quel defibrillatore fosse noto alla centrale operativa che lo inserisce nella app in modo che l’informazione sia a disposizione di chi ne ha bisogno. Inoltre, per quanto riguarda la app, ci si appella spesso al tema dei costi, ma qui sono davvero limitati, faccio un esempio: alcune regioni tradizionalmente più sensibili, più organizzate e forse anche più ricche di altre, questa applicazione l’hanno già realizzata e la usano quotidianamente sul territorio, due esempi a caso sono la Lombardia e l’Emilia Romagna che ha messo questa applicazione sul portale dell’amministrazione pubblica, quindi è lì, gratuitamente a disposizione di tutte le altre regioni e province che la volessero utilizzare. Se la governance che è in questi processi dicesse chiaramente a tutte le regioni che l’applicazione ce l’hanno già lì, non si devono spendere soldi per farne una nuova, e se la possono prendere da lì in modo che sia sempre la stessa, risolviamo anche il problema dell’omogeneità su tutto il territorio nazionale. Oggi avremmo già molte regioni che usano questo stesso sistema che è chiaramente più efficace di quello tradizionale, ovvero chiamo aiuto e aspetto.

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Nadia Cavalleri