Let’s eat together, mangiare insieme per avere meno paura

“Il momento del pasto, per chi affronta un disturbo alimentare, rappresenta l’apice in cui la malattia si manifesta con la sua più totale arroganza” racconta Aurora Caporossi, fondatrice di Animenta, organizzazione non profit che si occupa di disturbi alimentari . “Il progetto ‘Let’s eat together’ nasce durante la pandemia, un momento in cui tutti siamo stati soli ma per qualcuno questa solitudine era ancora più difficile. Abbiamo quindi iniziato a organizzare delle cene online: una volta al mese ci davamo appuntamento in videochiamata per trascorrere tempo insieme all’ora di cena”. Il successo dell’iniziativa ha portato Animenta a ripeterla ogni anno. A tavola c’è posto per tutti e per partecipare basta una telecamera. “Ci colleghiamo e mangiamo insieme, si può decidere di mostrarsi o tenere la camera spenta” spiega Caporossi. Il primo dei nuovi appuntamenti del 2025 è previsto per il 23 marzo e ci si può iscrivere sul sito dell’organizzazione. “Durante queste occasioni semplicemente chiacchieriamo insieme di cose che non siano il cibo. È importante distrarsi. Il momento del pasto è carico di emozioni negative. Crediamo che condividerlo con persone che sanno cosa stai passando lo renda un po’ meno difficoltoso e io sarò lì per dare supporto”, spiega Chiara Mistretta che gestirà la nuova edizione di Let’s eat together. Il punto non è il cibo “La tavola rappresenta il luogo in cui avviene l’espressione della malattia ma la realtà è che il disturbo alimentare è manifestazione di un qualcosa che accade prima. È tutto concentrato nel perché una persona mangia troppo o troppo poco” racconta la fondatrice di Animenta. I disturbi dell’alimentazione e della nutrizione sono infatti patologie psichiatriche complesse, che si concretizzano in un rapporto difficile con il corpo, con il cibo e con il peso ma che nascono da disagi e sofferenze più profondi. “Nella nostra cultura, il cibo ha un forte significato simbolico, è legato ai momenti di socialità. Ci sediamo a tavola per ritrovare gli amici, per condividere una notizia o un momento importate. Tutte cose da cui chi ha problemi con il cibo può rimanere escluso. Mangiare insieme a persone che stanno gestendo la stessa problematica può dare conforto dal senso di isolamento e il fatto che la cena si svolga online limita la tendenza al confronto, frequente in chi affronta un DCA. In videochiamata si vede solo una parte del corpo, non vediamo tutto il piatto, questa cosa può essere di supporto in un percorso di graduale riesposizione agli altri”. Cosa fare per supportare chi sta affrontando un DCA “Una volta, mentre ero nel mio percorso di guarigione, mi è stato detto ‘Adesso vedo che stai meglio’. Questo commento, all’apparenza innocuo, viene letto da una persona con DCA come ‘Ecco, se loro mi vedono bene, significa che ho preso peso’. Questo collegamento può sfuggire a chi osserva da fuori ma è molto lineare per chi affronta un DCA perché spesso ha una percezione distorta del proprio corpo” racconta Caporossi. Commenti e opinioni sul proprio corpo o su quello degli altri sono frequenti a tavola, come anche inviti a prendere una porzione in più o a rinunciare a quella fetta di pane. “È importante sottolineare che non è forzando una persona a mangiare o non mangiare che la si sostiene in un percorso di cura. È difficile capire cosa fare, ogni cosa che si dice può essere fraintesa o mal interpretata ma commenti sulle quantità di cibo o sui cambiamenti del corpo sono deleteri per tutte le persone, ancora di più per chi ha un disturbo alimentare”. Secondo Chiara Mistretta, coordinatrice dei prossimi ‘Let’s eat together’, “Basta stare al fianco delle persone senza dire cosa fare e come bisogna farlo. C’è la scena di un documentario, che spesso mostriamo nelle scuole, in cui ci sono un bambino che soffre di DCA e un padre seduto di fianco che allunga la mano verso di lui. Spieghiamo sempre che quel semplice gesto significa ‘Io sono qua, anche se non faccio grandi cose’. Sembra poco ma in un percorso di guarigione significa tantissimo”.

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