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Tumore al seno, cosa c’è da sapere

Salute e Benessere

Alessandra Pellegrino

©IPA/Fotogramma

In Italia circa 1 donna su 8 riceve diagnosi di tumore alla mammella, le più a rischio sono quelle tra i 40 e i 60 anni. "Chiedere informazioni dettagliate sul proprio tumore è un consiglio che do a tutte le mie pazienti", ha detto  a Sky TG24 la professoressa Lucia Del Mastro, direttrice dell’Unità operativa clinica di Oncologia medica e coordinatrice della Breast Unit dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova

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Secondo gli esperti essere dei pazienti consapevoli è il primo passo per affrontare una patologia oncologica, perché conoscendo i vari aspetti che caratterizzano la malattia è possibile ridurre l’ansia e la paura. Trovando così il modo per tollerare meglio tutti gli effetti collaterali dei trattamenti necessari. "Chiedere informazioni dettagliate sul proprio tumore è un consiglio che do a tutte le mie pazienti", dichiara la Professoressa Lucia Del Mastro, Direttrice dell’Unità Operativa Clinica di Oncologia Medica e Coordinatrice della Breast Unit dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova. "Guarire da un tumore significa avere le stesse aspettative e speranza di chi non si è mai ammalato". In Italia circa 1 donna su 8 riceve diagnosi di tumore alla mammella, il più frequente in tutte le fasce di età anche se le donne più a rischio sono quelle tra i 40 e i 60 anni.

Fascia più a rischio tra i 40 e i 60 anni

In Italia circa 1 donna su 8 riceve diagnosi di tumore alla mammella, il più frequente in tutte le fasce di età anche se le donne più a rischio sono quelle tra i 40 e i 60 anni. "Sicuramente questa è un’età dove c’è più attenzione nei confronti di questa patologia. Quando si parla del tumore al seno è necessario fare una distinzione, sia in base all’estensione della malattia, sia alla sua biologia", spiega la Professoressa Del Mastro. "Riguardo all’estensione bisogna considerare che la patologia ha cinque stadi che vanno dallo zero al quarto. Lo stadio zero, in realtà, non è un vero e proprio cancro, ma un precursore della malattia; dal primo al terzo il carcinoma è confinato alla mammella o ai linfonodi regionali; mentre il quarto stadio si configura nel momento in cui sono presenti delle metastasi localizzate in sedi a distanza quali: le ossa, i polmoni, la pleura, i linfonodi, la pelle, il fegato e il cervello".

I sottotipi del tumore

Se invece classifichiamo la malattia in base alla biologia, esistono quattro diversi sottotipi. Due di essi si caratterizzano per la presenza dei recettori degli ormoni e possono essere trattati, appunto, con la terapia ormonale. "Ad oggi, soprattutto per le donne con un tumore alla mammella metastatico con recettori ormonali positivi, è importante poter effettuare la biopsia liquida - sottolinea la Professoressa Del Mastro - perché in circa il 40% dei casi è possibile riscontrare una mutazione a carico del gene che codifica i recettori per gli estrogeni (ESR1) e quando si è in presenza di questa mutazione è possibile effettuare il trattamento con un nuovo farmaco". In grado di migliorare in modo significativo la prognosi delle pazienti con carcinoma mammario metastatico con recettori ormonali positivi. Per consentire l’uso di questo nuovo farmaco è necessario cambiare l’attuale pratica clinica e, come già accade in altri tumori, effettuare la biopsia liquida per selezionare il trattamento. Ma di cosa si tratta? È un esame che consiste in un semplice prelievo di sangue nel quale si va ad analizzare il DNA rilasciato dalle cellule tumorali per identificare la presenza di mutazioni che possono dare indicazione a effettuare trattamenti specifici che colpiscono quella determinata mutazione. Grazie a questa nuova tecnica è possibile monitorare in tempo reale e in modo dinamico la comparsa di specifiche mutazioni e selezionare il trattamento 'giusto al momento giusto' applicando quindi il principio dell’oncologia di precisione che negli ultimi anni ha cambiato l’approccio al trattamento dei tumori migliorando in maniera straordinaria i risultati terapeutici.