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Giornata Mondiale del Parkinson, nuove cure per rallentare la progressione della malattia

Salute e Benessere
©IPA/Fotogramma

La ricorrenza cade ogni 11 aprile, nel giorno della nascita del dottor James Parkinson. Il morbo si manifesta con diversi sintomi, tra cui il più comune è quello dei tremori. Frequentemente insorge attorno ai 60 anni, ma non è una malattia unicamente degli anziani. Ad oggi non esiste una cura. Ma sempre più trattamenti riescono a tenere sotto controllo i sintomi. E la tecnologia sta dando un aiuto sempre più fondamentale

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La Giornata Mondiale del Parkinson - World Parkinson’s Day (WPD) - cade ogni 11 aprile, nel giorno della nascita del dottor James Parkinson, celebre per aver riconosciuto per primo il Parkinson come condizione medica. La ricorrenza è un’occasione di confronto per pazienti, famiglie e operatori sanitari, e per lavorare fianco a fianco con l’obiettivo di accrescere le conoscenze sulla malattia e il suo impatto sugli individui, sui loro caregiver e sulle comunità di riferimento. In Italia i malati di Parkinson nel 2023, come riportato dall’Osservatorio malattie rare, sono stati un numero significativo: 300mila.

Le cause e i sintomi

Come viene spiegato sul sito della Confederazione Parkinson-Italia, si tratta di una malattia neurologica multiforme che si manifesta con diversi sintomi. Non se ne conoscono le cause: si sospettano quelle ambientali e si riscontra spesso la sua “familiarità”. Frequentemente si manifesta attorno ai 60 anni, ma non è una malattia degli anziani e colpisce sempre più spesso i giovani. Circa il 10 % sono persone con meno di 50 anni. Il più noto dei sintomi è il tremore, ma lo sono anche la lentezza dei movimenti, la rigidità muscolare, una certa inespressività del volto, la difficoltà nella scrittura. Alcuni sintomi come la riduzione dell’olfatto, i disturbi del sonno, la depressione e la stipsi (stanchezza) possono precedere di anni l’esordio dei disturbi motori. Ma è difficile metterli in relazione con il Parkinson.

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I trattamenti farmacologici

Al momento per il Parkinson non si conosce una cura. Non esistono quindi, ad oggi, farmaci in grado di far regredire questa malattia. Sono disponibili però diverse terapie farmacologiche che, soprattutto nelle prime fasi, garantiscono un buon controllo dei sintomi: i farmaci disponibili sono molti, e la scelta della migliore combinazione viene presa dal neurologo specialista, in considerazione delle caratteristiche del paziente. 

 

I trattamenti non farmacologici: dall'attività fisica alla logopedia

Esistono poi i trattamenti non farmacologici. Per esempio, si è scoperto che l’attività fisica può giocare un ruolo importante, soprattutto se fatta con allenamenti personalizzati. E lo scorso anno, alcuni neuroscienziati della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica, Campus di Roma e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs hanno scoperto anche che l’esercizio fisico intensivo potrebbe rallentare il decorso della malattia, comprendendone i meccanismi biologici sottostanti. Anche la logopedia e la terapia psicologica, possono giocare un ruolo molto importante.

 

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Un dispositivo innovativo

Nel 2024, invece, c'è stato il primo intervento chirurgico in Italia di impianto di un dispositivo di ultimissima generazione, ricaricabile con un sistema bluetooth, finalizzato a inviare stimolazione elettrica a determinate aree del cervello del paziente affetto da Parkinson, in modo sempre più preciso. "È l'inizio di una nuova era per la cura dei malati di Parkinson", ha detto il professor Pietro Cortelli, direttore operativo dell'Irccs Istituto scienze neurologiche di Bologna. L'Irccs dell'Azienda Usl di Bologna è diventato centro pilota a livello nazionale per l'impianto di questa nuova tecnologia. A inizio gennaio all'ospedale Bellaria questo pacemaker innovativo per la neurostimolazione profonda è stato impiantato in un uomo di 66 anni di Castelfranco Emilia, a cui era stato diagnosticato il Parkinson otto anni prima. "La mia vita è decisamente migliorata dopo l'intervento -  ha raccontato il paziente - Prima avevo un tremore consistente al braccio destro, abbastanza invalidante, ora quasi non ce l'ho più e riprenderò a fare piscina e palestra".

L'algoritmo

La tecnologia sarà dunque fondamentale per un aiuto contro il Parkinson. Lo dimostra anche il caso del 18enne italiano, Tommaso Cagliari, che, qualche mese fa, ha creato un algoritmo di intelligenza artificiale che favorisce la diagnosi precoce. Lo stanno già sperimentando - con risultati interessanti - diversi medici in collaborazione con l'associazione dei malati di Parkinson. "Nelle fasi iniziali della malattia - ha spiegato il ragazzo - i disturbi come il tremore e la difficoltà del cammino non sono ancora visibili ma cominciano a presentarsi in modo impercettibile. Io ho sviluppato questo algoritmo che è in grado di riconoscere la figura umana e tracciarne i movimenti e in particolare le alterazioni nell'oscillazione della spalla e del gomito che sono uno dei primi sintomi in fase precoce della malattia di Parkinson". "Si tratta - ha proseguito il giovane inventore - di oscillazioni talmente piccole che l'occhio umano non è in grado di riconoscerle. Questo sistema sfrutta due telecamere che vengono posizionate una di fronte all'altra a circa cinque metri di distanza e analizzano il cammino del paziente sotto esame. Il programma è in grado di rilevare i movimenti del paziente che cammina e compararli con un algoritmo di machine learning "allenato" su un gruppo di persone sane e su un gruppo di pazienti con Parkinson conclamato. La comparazione riesce a mettere in evidenza gli indicatori precoci della malattia." 

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