Tumori, una sonda potrebbe aiutare la chirurgia oncologica

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Sviluppata dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dall’Università Sapienza di Roma, la nuova tecnica di chirurgia radioguidata è capace di identificare in tempo reale i residui tumorali

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Una sonda sviluppata dalla Sapienza Università di Roma e dall’Infn, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, potrebbe presto diventare uno strumento aggiuntivo a supporto dei chirurghi durante la rimozione dei tumori. Una nuova tecnica di chirurgia radioguidata capace di identificare in tempo reale i residui tumorali. Un passo verso una ‘chirurgia di precisione’ ancora più sofisticata, la cui sperimentazione in-vivo sui pazienti è stata avviata nelle scorse settimane al fine di essere prossimamente validata.

La tecnica in breve

 

Grazie ad una sonda, la nuova tecnica è capace di rivelare la radiazione emessa da una sostanza radioattiva, ovvero un radiofarmaco contenente una molecola che viene riconosciuta e metabolizzata dai recettori delle cellule tumorali. Un metodo in grado di guidare il chirurgo sulle sedi da rimuovere durante l’operazione, in quanto permette di verificare se i tessuti analizzati siano tumorali o meno. Brevettata nel 2013 da Sapienza, Infn e Centro Fermi Museo della Scienza, il progetto prevedeva inizialmente l’utilizzo di radiazione beta-, che pone tuttavia problemi di natura applicativa. 

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Parola agli esperti

 

"Essendo particelle cariche gli elettroni di cui si compone la radiazione beta perdono velocemente energia a seguito delle interazioni con le altre particelle cariche in tutti i tessuti del corpo umano. Ciò determina l'impossibilità per gli elettroni di uscire dal paziente. Questa è la ragione che ci ha spinti a concepire uno strumento a cui i chirurghi avrebbero potuto far ricorso durante le operazioni, andandolo a posizionare sui tessuti da analizzare. Sebbene la procedura sia risultata efficace, difficoltà di somministrazione, costi e limitata diffusione dei farmaci beta-, ci hanno spinto a cercare soluzioni più accessibili", ha spiegato il professor Riccardo Faccini, preside della Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali della Sapienza, tra gli inventori della tecnica. Per questo la scelta è infine ricaduta sulla radiazione beta+, usata per gli esami Pet. Sperimentazioni simili sono tuttora in corso, con un prototipo, allo Ieo di Milano per trattare i tumori Neuro-Endocrini del tratto gastro-intestinale (GEP-NET) e carcinomi prostatici, e all’Ospedale ‘Molinette di Torino’ per trattare invece tumori prostatici.

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