Si chiama beta 2 microglobulina, ed è capace di accelerare la ricostruzione dell’immunità. L’importante ricerca che arriva dall’Università degli studi di Perugia
Un gruppo di ricercatori del Programma trapianto di cellule staminali ematopoietiche della sezione di Ematologia ed Immunologia clinica del dipartimento di Medicina dell'Università degli studi di Perugia, insieme a un gruppo della struttura complessa di Ematologia con Trapianto midollo osseo dell'azienda ospedaliera di Perugia, ha realizzato uno studio sulla molecola responsabile del contrasto alle infezione nei trapianti di midollo.
Cosa dice lo studio
La molecola in questione si chiama beta 2 microglobulina, ed agisce nel contrasto alle infezioni nei trapiantati di midollo. “Lo studio dimostra in modelli pre-clinici di trapianto, cioè in trapianti nel topo o con cellule umane in provetta, come le cellule 'natural killer' del donatore possano accelerare in modo sorprendente la ricostruzione delle difese immunitarie contro le infezioni. Il meccanismo attraverso il quale questo avviene è esso stesso un'importante scoperta biologica, perché vede come protagonista una molecola, la beta 2 microglobulina, totalmente sconosciuta rispetto a tale capacità di accelerare la ricostruzione dell'immunità. Circa 20 anni fa fu scoperto il ruolo decisivo che una componente del sistema immunitario del donatore -cellule 'natural killer' - ha nella eradicazione della leucemia, con importanti ricadute in termini di riduzione del rischio di recidiva leucemica e miglioramento del numero di pazienti curati definitivamente”, spiegano gli autori.
Un lavoro di squadra
L’importante ricerca, che apre a nuove prospettive future sui trapianti di midollo, è stata pubblicata dalla rivista scientifica Blood, organo ufficiale della Società americana di ematologia. Uno studio, fanno sapere, che si inserisce nell’idea di visione terapeutica di Massimo Fabrizio Martelli, professore emerito dell'Università degli Studi di Perugia. Per l’esperto, un ruolo fondamentale nella diagnosi sono la comprensione e l'uso clinico delle componenti del sistema immunitario del donatore che possono essere trasferite dal sangue del donatore al ricevente. Lo scopo è quello di ridurre al minimo gli effetti indesiderati, al fine di eliminare la malattia con un intervento mirato. La squadra che ha realizzato lo studio è stata diretta dalla professoressa Cristina Mecucci, e ha lavorato in collaborazione con la dottoressa Loredana Ruggeri e il professor Andrea Velardi, che hanno coordinato la ricerca. A questa hanno contribuito anche i colleghi del Programma trapianto, di altri dipartimenti dell'ateneo perugino e di alcune istituzioni italiane, europee e statunitensi.