Covid, Nature: rischi di problemi cardiaci elevati anche dopo mesi dalla guarigione

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A indicarlo sono diversi studi. Le conseguenze cardiovascolari potrebbero verificarsi anche nelle persone che sembrano essersi completamente riprese da una lieve infezione

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Il rischio di problemi cardiovascolari, come un infarto o un ictus, rimarrebbe elevato anche molti mesi dopo l’infezione da Sars-CoV-2. A indicarlo sono diversi studi sul tema, i cui risultati sono stati raccolti in un articolo pubblicato sulle pagine della rivista specializzata Nature. I ricercatori sono ora al lavoro per cercare di definire la frequenza di questi problemi. (COVID: LE ULTIME NOTIZIE IN DIRETTA - VACCINO COVID: DATI E GRAFICI SULLE SOMMINISTRAZIONI IN ITALIA, REGIONE PER REGIONE)

 

I risultati degli studi

Tra gli studi più ampi che hanno indagato ciò che accade al cuore e al sistema circolatorio dopo la fase acuta del Covid-19, c'è la ricerca coordinata da Ziyad Al-Aly, epidemiologo della Washington University di St. Louis, Missouri, condotta sui dati del Dipartimento per gli affari dei veterani (VA) degli Stati Uniti. Confrontando le cartelle cliniche di oltre 150mila veterani guariti dal Covid-19, con i loro coetanei non infetti e un gruppo di controllo pre-pandemia, è emerso che chi aveva contratto la malattia ha affrontato rischi sostanzialmente maggiori per 20 condizioni cardiovascolari nell’anno successivo all’infezione. Complicazioni che potrebbero verificarsi anche nei soggetti che sembrano essersi completamente ripresi da una lieve infezione, oltre che nelle persone ricoverate con coronavirus in ospedale, in cui è stato osservato un aumento del rischio di molte condizioni: +8% del tasso di attacchi di cuore e +247% di quello di infiammazione cardiaca. Secondo Al-Aly, i risultati suggeriscono che il Covid-19 potrebbe alterare in modo permanente la salute di alcune persone.

I limiti dello studio

La fonte, tuttavia, sottolinea che diversi altri studi, seppur più piccoli, hanno confermato questi risultati; mentre da altre ricerche sono emersi tassi più bassi di complicanze.
Lo studio, inoltre, presenta diversi limiti, come l'aver riguardato solo i veterani, riutilizzato i dati raccolti per altri scopi.  Inoltre, come ha sottolineato Daniel Tancredi, statistico medico dell’Università della California, uno dei gruppi di controllo nello studio VA ha dovuto superare più di un anno senza contrarre il Covid-19 per essere incluso nella ricerca, il che potrebbe essere associato a una minor propensione a contrarre la malattia.

Altre ricerche arrivano a risultati simili

Tra gli studi dai quali sono emersi risultati simili, una ricerca condotta sui dati del sistema sanitario inglese ha dimostrato che i soggetti che erano stati ricoverati con Covid-19 avevano circa tre volte più probabilità rispetto alle persone non infette di affrontare gravi problemi cardiovascolari entro otto mesi dal loro ricovero. Da un'ulteriore altra ricerca, inoltre, è emerso un rischio di insufficienza cardiaca di circa 2,5 volte maggiore nei 4 mesi successivi all'infezione, rispetto a chi non aveva mai contratto il Covid-19.

Ulteriori dati

Per stimare a quanti attacchi di cuore e ictus è stato associato il Covid-19, Sarah Wulf Hanson dell’Institute for Health Metrics and Evaluation dell’Università di Washington a Seattle, utilizzando i dati dello studio di Al-Aly, ha rilevato che nel 2020, le complicazioni dopo Covid-19 hanno causato 12mila ictus in più e 44 mila attacchi di cuore in più negli Stati Uniti: numeri cresciuti rispettivamente a 18mila e 66mila nel 2021. Secondo i calcoli della ricercatrice, questi dati suggeriscono che il Covid-19 avrebbe aumentato i tassi di infarto di circa l’8% e di ictus di circa il 2%. "Gli effetti indiretti della pandemia, come visite mediche mancate, stress e la natura sedentaria dell’isolamento a casa, probabilmente hanno ulteriormente contribuito al carico cardiovascolare per molte persone", hanno sottolineato, gli scienziati su Nature. Dati, che, tuttavia, non trovano riscontro nei risultati emersi da un piccolo studio, condotto su 52 persone da Gerry McCann, specialista in imaging cardiaco presso l’Università di Leicester, Regno Unito, e i suoi colleghi. Nello specifico, dalla ricerca è emerso che le persone che si erano riprese dopo essere state ricoverate in ospedale con Covid-19 non avevano un tasso di malattie cardiache maggiore di un gruppo di persone che avevano condizioni di base simili ma non erano state infettate. Al momento, McCann e i suoi colleghi sono al lavoro a uno studio più ampio con circa 1.200 partecipanti.
Le risposte a molte domande sugli impatti a lungo termine del Covid-19 potrebbero arrivare anche dallo studio "Researching Covid to Enhance Recovery, o RECOVER project", che studierà i dati di 60mila persone per un massimo di 4 anni in più di 200 paesi negli Stati Uniti.

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