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L’immunologo Sette: “Così il Covid grave è quasi scomparso”

Salute e Benessere
©Ansa

Ne ha parlato, intervistato dal quotidiano “La Repubblica”, lo scienziato Alessandro Sette, che lavora a La Jolla, in California. “Stiamo costruendo un muro di immunità contro Sars-Cov-2. Vaccini e contagi sono come tanti mattoni che si aggiungono l’uno all’altro ed erigono una barriera sempre più alta contro il virus”, ha riferito l’esperto

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“Stiamo costruendo un muro di immunità contro Sars-Cov-2. Vaccini e contagi sono come tanti mattoni che si aggiungono l’uno all’altro ed erigono una barriera sempre più alta contro il virus”. Così, intervistato dal quotidiano “La Repubblica”, l'immunologo italiano Alessandro Sette, che lavora a La Jolla, in California, ha spiegato come il Covid, nelle sue forme più gravi, sia praticamente scomparso.

Contagi e decessi: curve dissociate

Proprio l’arrivo dei vaccini unitamente al numero di persone contagiate, ha spiegato l’esperto, hanno contribuito a creare un particolare fenomeno. “I contagi, con Omicron 5, sono andati su in modo drammatico, più di ogni altra variante precedente. I decessi invece sono rimasti più o meno stabili”, ha detto Sette. “E’ la prima volta che vediamo le due curve dissociarsi, cioè andare in direzioni diverse. Eppure, sappiamo che Omicron 5 dà una malattia leggermente più severa rispetto alle sotto varianti di Omicron precedenti”. Come questo sia possibile, ha aggiunto l’immunologo, si può spiegare attraverso una “distinzione essenziale”. Un fattore, ha detto, “è il contagio, un’altra la malattia grave: sono due fenomeni diversi. L’altezza del muro che abbiamo raggiunto è in grado quasi sempre di prevenire il secondo, ma non ancora il primo. Questo spiega il dissociarsi delle due curve. Con Omicron 5 abbiamo avuto un numero di casi mai visto prima, ma una situazione dei ricoveri e dei decessi lontana dalle drammatiche ondate precedenti”. Tale situazione, secondo Sette, può essere considerata come un segnale di ottimismo, seppur prestando ancora attenzione. “Con una circolazione del virus così intensa è più facile che compaia una nuova variante. La partita non è ancora finita e il Covid ci ha insegnato che la situazione potrebbe cambiare addirittura da una settimana all’altra”, ha riferito lo scienziato italiano.

Le reinfezioni ed il “muro” dell’immunità

Tra i temi trattati dall’immunologo nell’intervista, anche quello relativo ai motivi per cui sono state segnalate diverse reinfezioni proprio da quando è comparsa la variante Omicron. Questo è successo “proprio perché il muro dell’immunità ci difende dalla malattia severa più che dal contagio. Chi ha tre dosi di vaccino più un’infezione è protetto quasi al 100%. Chi invece si è contagiato senza essersi vaccinato ha una protezione dalla malattia severa limitata al 71%”. Ma quando sarà possibile, effettivamente, costruire un “muro” così potente che possa proteggere anche contro il contagio? Per arrivare a questo step, ha riferito l’esperto, è stata cercata una risposta “nel raffreddore, con uno studio che è stato citato anche da Anthony Fauci”. Una certa tipologia di raffreddore, ha proseguito Sette, “può essere provocato da un coronavirus, come il Covid. Abbiamo studiato dei campioni di sangue che avevamo raccolto prima della pandemia, per tutt’altro scopo, e abbiamo osservato che la risposta immunitaria contro il raffreddore da coronavirus resta sostanzialmente stabile per 3 anni”. Tale risultato indica “o che ci si reinfetta ripetutamente, e il sistema immunitario viene stimolato a più riprese”, oppure ancora che “la risposta immunitaria è effettivamente molto duratura”. E, con una serie di tecniche specifiche, gli scienziati hanno “dimostrato che la seconda ipotesi è quella vera, e questo risultato può essere esteso anche a Sars-Cov-2”. Dunque, è possibile che “dopo una serie di esposizioni al coronavirus del raffreddore, in genere durante l’infanzia, si raggiunge un plateau della risposta immunitaria”. E così facendo, “quando il muro è abbastanza alto, le reinfezioni avvengono in media ogni 8 anni”. Proprio questa, ha proseguito, è “la direzione che prenderemo anche con Sars-Cov2”. Per arrivarci, tutto dipende “dalla variante in circolazione e da quanto tempo è passato dall’ultima vaccinazione o infezione”. Infatti, ha concluso Sette, “se l’intervallo è breve è molto difficile ammalarsi in modo grave” e questo implica che “la protezione dai sintomi seri dura, comunque, anche per diversi anni”, posto che non emergano però “nuove varianti” del virus.

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