Ne hanno discusso gli esperti, nel corso del “World Health Summit Regional Meeting – Europe”, svoltosi a Roma. La prevenzione dei tumori, hanno riferito gli esperti, può infatti diventare personalizzata grazie all'identificazione di specifiche alterazioni molecolari che permettono di individuare gruppi di popolazione a rischio
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Nell’ambito della lotta ai tumori, al centro delle attenzioni degli esperti, non ci sono solamente geni o bersagli molecolari, da colpire con terapie anticancro mirate. Se ne è parlato nel corso dell'evento “World Health Summit Regional Meeting – Europe”, svoltosi a Roma, nella sessione dedicata all'oncologia di precisione che, attualmente, sta tentando di superare questa prospettiva, guardando oltre. La prevenzione dei tumori, hanno riferito gli esperti, può infatti diventare personalizzata grazie all'identificazione di specifiche alterazioni molecolari che permettono di individuare gruppi di popolazione a rischio. E, considerando i trattamenti, il modello cui mirare è quello “mutazionale”, in cui vanno contemplate tutte le alterazioni subite dall'organismo, a seguito delle modificazioni dell'ambiente individuale ed esterno, tutti fattori che possono avere un peso specifico nello sviluppo dei tumori e nella scelta delle terapie.
Modelli di medicina di precisione
“La prevenzione diventa personalizzata perché può essere basata su modelli di medicina di precisione, attraverso l'identificazione di specifici determinanti genomici legati a un aumentato rischio di sviluppare il cancro”, ha riferito Paolo Marchetti, moderatore dell’evento, ordinario di Oncologia presso l'Università La Sapienza e presidente della Fondazione per la Medicina Personalizzata. In questo ambito, ha proseguito, “rientra una serie di interventi per individuare il tumore in fase iniziale oppure per evitare l'insorgenza della malattia. Ad esempio, alle donne con mutazione del gene BRCA, che rappresenta un fattore di rischio per il tumore del seno, possono essere proposti programmi di screening mammario più frequenti, che rientrano nella prevenzione secondaria, oppure il trattamento con inibitori dell'aromatasi o antiestrogeni, ancora all'interno di studi clinici, per potenziare la prevenzione primaria”. Così facendo, ha sottolineato, “possiamo salvare più vite e garantire risparmi al sistema sanitario”.
Il ruolo del microbiota
Durante il corso dell’evento, che ha visto l’intervento anche di Khay-Guan Yeoh, professore di Medicina all'Università di Singapore, gli esperti hanno poi ribadito come il nuovo modello da perseguire sia quello “mutazionale”, nel quale devono essere valutate attentamente tutte le alterazioni subite dall'organismo, comprendendo anche il microbiota, ovvero l'insieme di miliardi di microrganismi che vivono nel corpo e forniscono un supporto essenziale per la vita.