Si tratta di un dato emerso nell’ambito dello studio “Checkmate 067”, condotto su 945 pazienti con melanoma metastatico, discusso nel corso del congresso della Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO). In base a quanto emerso, il 48% dei pazienti con melanoma metastatico, trattati in prima linea con la combinazione di due specifiche molecole immunoncologiche, “nivolumab” e “ipilimumab”, è in vita a 7 anni e mezzo dall’inizio del trattamento
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Nell’ambito delle terapie per i melanomi l'immunoterapia, ovvero un percorso medico che mira a risvegliare il sistema immunitario per combattere le cellule tumorali, può cronicizzare quello metastatico. Infatti, il 48% dei pazienti con melanoma metastatico, trattati in prima linea con la combinazione di due specifiche molecole immunoncologiche, “nivolumab” e “ipilimumab”, è in vita a 7 anni e mezzo dall’inizio del trattamento. Risultato che gli oncologi definiscono “senza precedenti ed impensabile prima dell'arrivo dell'immunoncologia”, quando la speranza di vita per questo tipo di tumore era di circa 6 mesi. Ne hanno parlato gli specialisti, riunitisi nel congresso della Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO), in corso a Chicago, discutendo sui dati aggiornati della duplice immunoterapia, al centro dello studio “Checkmate 067”, condotto su 945 pazienti.
La combinazione di molecole in Italia
In particolare, nel nostro Paese, dove nel 2020 sono state stimate quasi 14.900 nuove diagnosi di melanoma, la combinazione di “nivolumab” e “ipilimumab” è rimborsata dallo scorso gennaio. Come spiegato da Paolo Ascierto, direttore dell’unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell'Istituto Pascale di Napoli, “fino a pochi anni fa non esistevano terapie realmente efficaci contro questo tumore della pelle, molto aggressivo in fase metastatica”. Ma oggi ci sono stati dei progressi e “la storia della malattia è cambiata: l'obiettivo della cronicizzazione è possibile per sempre più persone. In particolare, l''effetto memoria' di ipilimumab è solido nel tempo e la sua efficacia si mantiene a lungo termine, anche dopo la fine del trattamento”, ha aggiunto l’esperto.
Un altro studio sul tema
Sul tema, durante il congresso, sono presentati anche i dati di un altro studio, denominato “RELATIVITY-047”, questa volta incentrato sulla combinazione delle molecole “relatlimab” e “nivolumab” in prima linea. Nel primo caso si tratta di “una nuova molecola immunoncologica, inibitore del checkpoint immunitario LAG-3”, ha riferito Ascierto. Nello studio, hanno riferito gli esperti, sono stati coinvolti 714 pazienti con melanoma metastatico o non operabile ed è emerso come LAG-3 possa essere considerato alla stregua di un “freno”, utilizzato dal tumore per aggirare la risposta alle terapie immunoncologiche. Si tratta di dati “molto incoraggianti quelli relativi alle risposte e alla sopravvivenza globale, a un follow up di 19,3 mesi. La combinazione ha mostrato risposte nel 43,1% dei pazienti e la riduzione del rischio di morte è pari al 20%”, ha concluso lo specialista. Questo trattamento, tra l’altro, dopo l'approvazione da parte dell'agenzia regolatoria americana avvenuto lo scorso marzo, attende adesso l'ok di quella europea nell’arco dei prossimi mesi.