Lo ha sottolineato uno studio coordinato da Michael Skinner, esperto della Washington State University's School of Biological Sciences. In base a quanto emerso, in un prossimo futuro e attraverso il rilevamento di un tampone orale, alcuni marcatori genetici nel Dna della coppia potrebbero aiutare gli specialisti a prevedere il rischio di avere un figlio prematuro
Biomarcatori genetici che potrebbero consentire strategie di medicina preventiva per ridurre l'incidenza delle nascite pretermine. Sono quelli che, in un prossimo futuro e attraverso un tampone orale, potrebbero aiutare gli specialisti a prevedere quali coppie siano a rischio di avere un figlio prematuro. E’ su questo tema che si è concentrato uno studio, coordinato da Michael Skinner, esperto della Washington State University's School of Biological Sciences, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Scientific Reports”.
Marcatori genetici del rischio
Secondo Skinner e gli studiosi che hanno collaborato al lavoro di ricerca, sono presenti infatti, nel Dna degli aspiranti genitori, alcuni marcatori genetici del rischio. E questo considerando sia il Dna materno, sia quello paterno. I ricercatori, per arrivare a proporre la loro tesi, hanno preso in esame una serie di campioni di triadi (mamma, papà e neonato) ed hanno analizzato, nel dettaglio, proprio il Dna dei genitori. Dal resoconto dei dati riscontrati, quindi, è emerso come, mediamente, i genitori dei nati prematuri presentassero nel proprio Dna una sorta di “firma genetica” relativa alla prematurità, cioè alcuni marcatori riconoscibili e assenti nel Dna dei genitori con figli non prematuri. Secondo gli esperti, che hanno sottolineato nel loro studio come il parto pretermine rappresenti la principale causa di mortalità neonatale e infantile, colpendo quasi un nato vivo su dieci, i risultati emersi potrebbero condurre alla realizzazione di un semplice test genetico per scoprire quali sono le coppie a rischio e, di conseguenza, gestire le gravidanze in modo opportuno, tentando di minimizzare il rischio di parto pretermine.
Un rapporto sul tema
Ogni anno, in tutto il mondo, nascono circa 15 milioni di neonati prematuri, mentre solamente in Italia sono più di 30.000, ovvero il 6,9% delle nascite totali, dato che è risultato in aumento all'11,2% nei parti di donne con infezione da Sars-Cov-2. Lo aveva segnalato, alcuni mesi fa, l'Efcni, la European Foundation for the Care of Newborn Infants, attraverso la realizzazione del progetto legato agli “European Standards of Care for Newborn Health”, alla cui stesura ha collaborato anche la Società italiana di neonatologia (Sin), per assicurare cure neonatali eque e di elevata qualità a livello globale. Dal rapporto era emerso come il tasso di sopravvivenza dei bambini nati prematuri risulti in continuo miglioramento, sebbene la nascita pretermine rappresenti ancora oggi una sfida ancora attuale ed esistano, nel mondo, significative disomogeneità nelle cure.