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Sviluppata in laboratorio una supermolecola a base di Dna utile per diagnosi e cure

Salute e Benessere
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Il risultato si deve a un team internazionale di ricercatori coordinato dall'Università della Danimarca Meridionale e della Kent State University negli Stati Uniti

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Sviluppata in laboratorio una nuova supermolecola a base di Dna che potrebbe aprire la strada a una nuova generazione di nanotecnologie utili per diagnosticare patologie e fare ricerca sulle cause di disturbi legati a proteine malfunzionanti, come l'Alzheimer. È formata dall'unione tra il Dna e delle catene di amminoacidi chiamate peptidi - degli elementi difficili da combinare tra loro - e potrebbe aiutare a sintetizzare nuove proteine artificiali, più efficaci e stabili rispetto a  quelle naturali. Il risultato si deve a un team internazionale di ricercatori coordinato dall'Università della Danimarca Meridionale e della Kent State University negli Stati Uniti.

Le potenzialità della nuova supermolecola

Come descritto sulle pagine della rivista specializzata Nature Communications, la supermolecola è stata sintetizzata unendo un triplo filamento di Dna con un peptide formato da tre filamenti. Un'operazione particolarmente complessa, perchè Dna e peptidi sono molecole chirali, ovvero non sovrapponibili alla loro immagine speculare. Nello specifico, il Dna è destrorso, mentre i peptidi sono sinistrorsi.
"Immaginate di voler sovrapporre le vostre due mani in modo da far combaciare ogni dito tenendo entrambi i palmi rivolti nella stessa direzione: è impossibile", ha spiegato il ricercatore Hanbin Mao della Kent State University. "Si potrebbe riuscire solo inducendo le mani ad avere la stessa chiralità".
Per ovviare a questo problema, il team di ricerca è riuscito a rendere i peptidi destrorsi in modo da farli combinare con il Dna.
Così facendo "si ottiene un potente strumento molecolare, che potrebbe portare a una nuova generazione di nanotecnologie; ci potrebbe permettere di sviluppare nanostrutture più avanzate, ad esempio per scoprire le malattie", ha sottolineato Chenguang Lou dell'Università della Danimarca Meridionale. "Il nostro prossimo passo sarà quello di verificare se potrà essere usato per spiegare la causa dell'Alzheimer, in cui sono coinvolti peptidi malfunzionanti", ha concluso Mao.

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