Gli effetti del Covid sugli spermatozoi, ecco cosa dice lo studio

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I ricercatori del Genk Institute for Fertility Technology hanno dimostrato un calo della fertilità nei mesi immediatamente successivi alla guarigione per gli uomini risultati positivi al Covid

Nel corso degli ultimi due anni sono usciti numerosi studi che hanno documentato gli effetti dell’infezione da coronavirus Sars-CoV-2 sull’organismo. È ben noto, per esempio, quali sono le conseguenze del virus sulle vie respiratorie. Tuttavia finora c’erano poche informazioni sul suo eventuale impatto sulla fertilità maschile. La situazione è cambiata grazie alla pubblicazione di una nuova ricerca sulla rivista specializzata Fertility and Sterility. I risultati ottenuti dai ricercatori del Genk Institute for Fertility Technology (in Belgio) hanno dimostrato che le infezioni da coronavirus possono avere un impatto negativo sulla qualità dello sperma e influenzare la fertilità dopo il recupero. Lo studio ha coinvolto 120 uomini, con un’età media di 35 anni, che hanno superato una forma sintomatica di Covid.

 

I ricercatori hanno riscontrato nei partecipanti allo studio una riduzione del 37% del numero di spermatozoi in seguito all’infezione da Sars-CoV-2. Questo impatto sulla fertilità ha avuto una durata di tre mesi. In seguito a questo periodo il numero di spermatozoi è tornato a un livello normale.

L’impatto del Covid sugli spermatozoi

Il Covid ha avuto anche un altro impatto sull’organismo dei partecipanti, determinando una riduzione del 60% della motilità degli spermatozoi. I test condotti durante lo studio hanno evidenziato una correlazione tra concentrazioni più elevate di anticorpi anti-Covid nell’organismo e ridotta funzionalità spermatica (disfunzione spermatica temporanea). I ricercatori hanno però evidenziato che i dati a disposizione non indicano la possibile trasmissione del virus tramite lo sperma di chi è guarito da poco dal Covid. In particolare gli esperti hanno evidenziato che nessuno degli spermatozoi campionati conteneva Rna virale. Questo risultato è stato confermato anche a distanza di 53 giorni dall’infezione. “Abbiamo però riscontrato profonde riduzioni nella concentrazione di spermatozoi, del numero di spermatozoi prodotti e della loro motilità sia totale che progressiva dopo l’infezione”. Dai dati raccolti è anche emerso che le forme più gravi dell’infezione erano associate a un punteggio di motilità e morfologia più basso.

Un medico di base compila una ricetta nel suo studio a Roma, 30 ottobre 2020.  ANSA / ETTORE FERRARI

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