Giornata Mondiale Aids, fa meno paura ma la pandemia non è sconfitta. L'INTERVISTA

Salute e Benessere

Raffaella Cesaroni

Nell'intervista al Professor Stefano Vella, docente di Salute Globale all'Università Cattolica di Roma, tutto quello che abbiamo capito in anni di ricerche, le terapie efficaci che oggi abbiamo a disposizione e il vaccino che invece ancora non è stato trovato per un virus che in Africa continua ad infettare 1 milione e mezzo di persone ogni anno

Quest’anno il 1° Dicembre, Giornata Mondiale per la lotta contro l’Aids, saranno anche 40 anni da quel 1981 in cui la letteratura scientifica segnò i primi casi della malattia provocata dal virus dell’Hiv. Il Professor Stefano Vella, che oggi insegna Salute Globale all’Università Cattolica di Roma, ma che in passato ha presieduto la International Aids Society in questa intervista ci spiega dove siamo arrivati.

Il primo caso in letteratura scientifica

“Il primo caso in letteratura è stato pubblicato a luglio del 1981 quando si erano ammalati dei pazienti prevalentemente omosessuali con strane polmoniti. Dopo i primi anni disastrosi in cui morivano tutti, omosessuali, tossicodipendenti, anche se sappiamo bene che non è la malattia degli omosessuali e dei tossicodipendenti, sono arrivati i farmaci che tengono a bada il virus – non c’è ancora il vaccino – e quindi il mondo occidentale se lo è un po’ dimenticato. Non fa più paura, i giovani non lo conoscono. Ed è un problema perché ancora gira”.

La pandemia dell’Aids ancora non è sconfitta

“Gira tantissimo anche accanto a noi, nei Paesi dell’Est, ci sono tantissimi casi soprattutto tra coloro che usano droghe per via endovenosa. In Africa e nel mondo povero ci sono ancora 1 milione e mezzo di casi di infezione ogni anno, quindi questo virus è ancora là, la pandemia non è sconfitta per niente. Anche se poi nel mondo povero siamo riusciti a portare quei farmaci, purtroppo non riusciamo a raggiungere tutti. Quei farmaci che permettono, qui da noi, addirittura di impedire la trasmissione”.

Undetectable=Untransmittable

“Se una persona prende i farmaci regolarmente, non trasmette il virus. Si tratta di quel famoso slogan U=U che sta per: Undetectable=Untransmittable. Che vuol dire che se non si trova il virus nel sangue, non trasmetti l’Hiv. E questa è una cosa straordinaria, per cui il trattamento oggi è diventato anche una forma di prevenzione, che però non riusciamo a portare in tutto il mondo”.

Il Global Fund

“Noi siamo riusciti in parte a portare i farmaci nei Paesi del sud del mondo attraverso il Global Fund, però questa disuguaglianza che c’era a quei tempi tra Paesi ricchi e i Paesi poveri è la stessa a cui stiamo assistendo oggi con i vaccini per il Covid-19. Purtroppo, così come ci abbiamo messo tanto poco per fare un vaccino per il coronavirus, grazie al fatto che c’era tanta ricerca alla base, per l’Hiv non ci siamo, per tanti motivi”.

La ricerca del vaccino

“Abbiamo tardato a capire quale era la spike per l’Hiv, adesso l’abbiamo capito, ma il vero problema è che questo virus si integra nelle cellule bersaglio, i linfociti, subito, appena entra e da lì non lo togli più. Non riusciamo a trovare un vaccino che blocchi questa parte di integrazione, una delle speranze è riuscire a trovare un vaccino terapeutico che impedisca la progressione dell’infezione, malgrado l’infezione stessa, però per il momento abbiamo bisogno dei farmaci. Sono quelli che tengono sotto controllo l’epidemia”.

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