Diabete, scoperta nel sangue una spia in grado di predirne lo sviluppo. Lo studio

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Analizzando i livelli della proteina follistatina nel sangue sarebbe possibile predire l'insorgenza del diabete di tipo 2 fino a 19 anni prima della comparsa dei sintomi. A indicarlo uno studio dell'Università di Lund, in Svezia

Nuovi passi in avanti nella comprensione dell'origine del diabete. Un team di ricercatori dell'Università di Lund, in Svezia, ha scoperto nel sangue una spia in grado di predire lo sviluppo del diabete di tipo 2. Nello specifico, dallo studio è emerso che analizzando i livelli della proteina follistatina nel sangue sarebbe possibile predirne l'insorgenza fino a 19 anni prima della comparsa dei sintomi. I risultati dell'analisi, pubblicata sulle pagine della rivista specializzata Nature Communications, aprono la strada allo sviluppo di nuove strategie per anticipare la diagnosi di diabete, prevenendo le complicanze della patologia.

Lo studio nel dettaglio

 

Nel corso dello studio, il team di ricerca ha approfondito il ruolo della proteina follistatina, già nota per la sua capacità di frammentare il tessuto adiposo, causandone un accumulo nel fegato, e favorendo la comparsa del diabete. Incrociando i dati genetici e clinici di oltre 5mila persone provenienti da Svezia, Regno Unito e Italia, i ricercatori sono riusciti a dimostrare che 19 anni prima della diagnosi di diabete era già rilevabile un aumento del 24% dei livelli di follistatina nel sangue dei pazienti. Percentuale che cresce fino al 31% quattro anni prima della diagnosi.
"Abbiamo scoperto che livelli più elevati della proteina follistatina circolante nel sangue predicono il diabete di tipo 2 fino a 19 anni prima dell'insorgenza della malattia, indipendentemente da altri fattori di rischio noti, come l'età, l'indice di massa corporea, i livelli di glucosio nel sangue a digiuno", ha spiegato Yang De Marinis, prima autrice dello studio.

 

Diabete: mangiare almeno 2 porzioni di frutta al giorno aiuterebbe a prevenirlo

 

Tra gli ultimi risultati della ricerca di settore, un recente studio dell'Istituto per la ricerca nutrizionale dell'Edith Cowan University (ECU), ha dimostrato che mangiare almeno due porzioni di frutta al giorno ridurrebbe del 36% il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2.
Dall'analisi condotta sui dati di  7.675 australiani è emersa una correlazione tra l'assunzione di frutta e i marcatori dell'insulina. In particolare, lo studio ha dimostrato che nei soggetti che consumavano frutta in maggior misura era necessaria una minor produzione di questo ormone per abbassare i livelli di glucosio nel sangue. "La frutta, così come la verdura, oltre ad essere ricca di vitamine e minerali, è un'ottima fonte di sostanze fitochimiche che possono aumentare la sensibilità all'insulina e di fibre, che aiutano a regolare il rilascio di zucchero nel sangue. Questo fa sì che gli zuccheri contenuti vengano assorbiti più lentamente rispetto a quelli contenuti in altri alimenti. È importante quindi assumerne minimo due porzioni al giorno e possibilmente a filiera corta, per far sì che mantenga tutte le proprietà nutritive", ha commentato Agostino Consoli, presidente della Società Italiana di Diabetologia.

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