Lo hanno sottolineato i dati aggiornati del registro Covid-19 della Società Italiana di Neonatologia (SIN) che hanno confermato un aumento delle nascite premature da donne infette pari all’11,2%, rispetto al tasso che riguarda le donne non infette (6,9%). Anche per questo motivo, hanno riferito gli esperti, “alle donne in gravidanza o che vogliono avere un figlio consigliamo di vaccinarsi, per proteggere se stesse e il proprio piccolo”
Le gravidanze complicate dalla positività delle future mamme al Covid-19, si possono concludere spesso con un parto prematuro che può mettere anche a serio rischio la vita del nascituro. Lo hanno sottolineato i dati aggiornati del registro Covid-19 della Società Italiana di Neonatologia (SIN) che hanno confermato anche un aumento delle nascite premature da donne infette pari all’11,2%, rispetto al tasso che riguarda le donne non infette (6,9%). “Una trentenne non incinta che contrae il virus ha una bassa probabilità di essere ricoverata in terapia intensiva, ma se è in gravidanza il rischio sale di tre volte”, ha commentato Fabio Mosca, presidente della Sin. “Il virus Sars-CoV-2, inoltre, può trasmettersi, anche se raramente, dalla madre al feto e causare a volte casi di Covid-19 neonatale grave”. Proprio per questo motivo, ha aggiunto, “alle donne in gravidanza o che vogliono avere un figlio consigliamo di vaccinarsi, per proteggere se stesse e il proprio piccolo”.
I dati emersi dall’indagine
Analizzando i dati, alla data del 30 giugno 2021 sono state inserite 3.147 schede relative ad altrettanti neonati rispondenti ai criteri di inclusione del registro, di cui 3.091 ricoverati alla nascita e 56 relativi a neonati ricoverati in ospedale per un’infezione diagnosticata dopo la nascita. La maggior parte dei casi ha riguardato centri del Nord, maggiormente colpiti dalla pandemia e, in particolare, la Lombardia (37.1% delle schede inserite), seguita dall’Emilia-Romagna (11.4% delle schede inserite) e dal Piemonte (9.5% delle schede inserite). Nel complesso, i punti nascita del Nord Italia hanno inserito il 70% delle schede, mentre quelli del Centro e del Sud hanno inserito il 15% delle schede ciascuno. L’analisi dei dati ha permesso di comprendere come l’84.5% dei neonati sia nato da donne con infezione al momento del parto, il restante 15.5% da donne con infezione pregressa in gravidanza. Nell’85% dei casi l’infezione in gravidanza si è manifestate senza sintomi, mentre quando presente, la sintomatologia si è manifestata con entità di livello lieve o medio, con necessità di assistenza ventilatoria invasiva in 12 casi e di assistenza ventilatoria non-invasiva in 11. Nella maggior parte dei casi (77,9%), hanno spiegato gli esperti della Sin, l’infezione nei neonati è risultata essere asintomatica oppure paucisintomatica. Mentre una scarsa adesione alle misure di precauzione è stata, probabilmente, causa dell’infezione da parte del 2.2% dei neonati negativi alla dimissione e divenuti positivi durante il monitoraggio successivo. Allo stesso modo, anche i neonati tornati in ospedale per infezione da Sars-CoV-2 manifestatasi dopo la dismissione, pur essendo tutti sintomatici e con sintomi prevalenti quali febbre e difficoltà all’alimentazione, hanno presentato una sintomatologia di entità lieve o media, necessitando solo in 2 casi di supporto ventilatorio invasivo e in altri 2 casi di supporto ventilatorio non invasivo. Nessuno dei piccoli è deceduto per l’infezione e la permanenza in ospedale è durata in media 5 giorni.
L’importanza del registro Covid-19
“Abbiamo realizzato il registro Covid-19 per non disperdere il patrimonio di conoscenze maturato dai neonatologi durante la pandemia da Sars-CoV-2”, ha riferito Mosca in conclusione. “Questi dati aggiornati, relativi all’assistenza ai nati da mamma covid-positiva diagnosticata in qualunque momento della gravidanza e ai neonati con infezione acquisita entro il primo mese di vita, rappresentano uno strumento prezioso per gli operatori del settore, ma anche per le istituzioni, sia da un punto di vista scientifico, che clinico e sociale”, ha spiegato. Ora, proprio grazie alle conoscenze acquisite, è possibile “garantire alla diade mamma-neonato, anche durante l’emergenza sanitaria, sicurezza e qualità nelle cure, sostenendo la zero separation e favorendo il rooming-in, con l’avvio dell’allattamento al seno”.