Il risultato si deve ai ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche di Pavia (Cnr-Igm). La scoperta, descritta su Nature Communications, fornisce nuove informazioni per rendere gli approcci terapeutici più efficaci
Scoperto un nuovo meccanismo per "affamare" i tumori. Si tratta di una variante proteica espressa unicamente sulla superficie dei vasi sanguigni tumorali, che agirebbe rendendo il cancro più aggressivo. La scoperta arriva da uno studio, sostenuto da Fondazione AIRC, condotto da un team di ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche di Pavia (Cnr-Igm), in collaborazione con i colleghi di diversi centri di ricerca e università italiane e internazionali.
Il risultato, descritto nel dettaglio sulle pagine della rivista specializzata Nature Communications, potrebbe aiutare a ottimizzare alcuni trattamenti attualmente in uso, rendendoli più efficaci.
La scoperta nel dettaglio
"Questa nuova variante rappresenta un nuovo marcatore tumorale e un possibile bersaglio molecolare”, ha spiegato la coordinatrice dello studio Claudia Ghigna, del Cnr-Igm. “La crescita dei tumori è infatti strettamente correlata ai nutrienti forniti dai vasi sanguigni associati al tumore: limitare lo sviluppo di questi ultimi rappresenta quindi una possibile strategia terapeutica per "affamare" il tumore e renderlo maggiormente suscettibile alla chemioterapia”. Nello specifico, come spiegato in una nota dagli esperti del Cnr-Igm, la ricerca mostra come, attraverso il meccanismo noto come "splicing alternativo", le cellule dei vasi sanguigni producano una nuova variante della proteina UNC5B mai descritta prima, chiamata UNC5B-D8.
“Lo splicing alternativo è un meccanismo cosiddetto di "taglia e cuci", che consente ai mattoni che formano i geni umani di essere assemblati in vari modi e, come conseguenza, di generare proteine differenti a partire dallo stesso stampo iniziale”, ha spiegato Ghigna. Il nuovo studio accende dunque i riflettori "sul ruolo ancora poco conosciuto dello splicing alternativo durante lo sviluppo dei vasi sanguigni tumorali”, ha chiarito la ricercatrice del Cnr-Igm. Secondo Ghigna la nuova variante "offre un ottimo strumento diagnostico e prognostico, che potrebbe essere sfruttabile sia come nuovo marcatore dell’angiogenesi tumorale, sia come possibile bersaglio molecolare per terapie anti-cancro di maggior efficacia”.