"Quest'estate meglio spegnere l'ultima sigaretta e salvare la vescica". È il consiglio lanciato dalla Rete Oncologica Pazienti Italia, che ha presentato un volume dedicato a questa neoplasia
"Quest'estate meglio spegnere l'ultima sigaretta e salvare la vescica". È il consiglio lanciato da Ropi (Rete Oncologica Pazienti Italia), che ha presentato un volume dedicato al tumore della vescica, e dall'Associazione Palinuro. Oltre a danni ai polmoni, il fumo di sigaretta, infatti, è responsabile del 50% dei tumori della vescica (4 volte superiori fra i tabagisti), e il rischio di soffrirne aumenta proporzionalmente al numero di sigarette fumate e agli anni di fumo. Ropi sottolinea inoltre che è possibile ridurre del 6% il rischio diminuendo drasticamente le bevande alcooliche, adottando una dieta sana, e stando all'aria aperta immagazzinando vitamina D.
Tumore della vescica: i campanelli d'allarme
Nel documento, Rete Oncologica Pazienti Italia invita a non trascurare i campanelli d'allarme del tumore della vescica, quali la presenza prolungata di sangue nelle urine e difficoltà a urinare o sensazione di non completare la minzione, e a contattare il medico al minimo sospetto. Circa l'80% dei tumori della vescica, infatti, se diagnosticato per tempo è ben curabile, e garantisce elevata sopravvivenza e qualità di vita. "Il tumore della vescica può essere diagnosticato tardi a causa di sintomi molto generici. Nel caso persistano è fondamentale sottoporsi a un esame delle urine, a una eventuale ecografia e in caso a indagini più specifiche come la cistoscopia, e una citologia urinaria, che ricerca potenziali cellule tumorali, seguiti se necessario da TAC e risonanza", ha spiegato la presidente di Ropi, Stefania Gori. "Ad oggi non esiste uno screening per la diagnosi precoce: è fondamentale l'attenzione ai possibili segni di malattia,specie da parte di fumatori e i lavoratori esposti a sostanze fra cui amine aromatiche e nitrosammine che entrando a contatto con le pareti della vescica attraverso il sangue producono una irritazione cronica che, alla lunga, può portare allo sviluppo di neoplasie", ha aggiunto Claudia Musillo, dell'Azienda Ospedaliera Santa Maria, Terni.