È la promessa che arriva dal nuovo progetto europeo SensApp, coordinato dall'Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti del Cnr, che ha ricevuto il finanziamento dall’Unione Europea nell’ambito del Programma Horizon 2020
Diagnosticare l'Alzheimer con un semplice esame del sangue. È la promessa che arriva dal nuovo progetto europeo SensApp, coordinato dall'Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti del Cnr, che ha ricevuto il finanziamento dall’Unione Europea nell’ambito del Programma Horizon 2020. Un team di scienziati, coordinati da Simonetta Grilli, è attualmente al lavoro sullo sviluppo di un super-sensore che consentirà di rilevare in fase precoce la presenza di depositi di amiloide e tau, le proteine che si accumulano nel cervello dei pazienti con Alzheimer, tramite un semplice esame del sangue in un laboratorio di analisi cliniche.
Ad ora la rilevazione di questi accumuli di proteine avviene tramite l’analisi del liquido cerebrospinale che viene prelevato attraverso una puntura a livello lombare. Una procedura particolarmente invasiva, che spesso ne ritarda la diagnosi.
Obiettivo: diagnosi rapida e non invasiva
Il nuovo sensore sarà in grado di riconoscere i biomarcatori dell'Alzheimer nel plasma umano con una sensibilità inferiore a 1 pg/mL (un valore attualmente impossibile da ottenere con i protocolli standard).
In questa fase del progetto, spiega il Cnr in una nota, il team di ricerca si sta focalizzando sull’implementazione del prototipo, la cui funzione è basata su una tecnologia completamente nuova, testata per la prima volta dal team Cnr (Istituto di Scienze Applicate e Sistemi Intelligenti) che coordina il progetto e che l’ha denominata droplet split-and-stack (DSS).
“Il progetto riunisce competenze molto diverse che vanno dalla fisica e ingegneria alla biologia e alle scienze cliniche. Il nostro obiettivo è implementare un prototipo che sia in grado di effettuare la diagnosi dell'Alzherimer in modo rapido e non invasivo. Questo cambierà radicalmente le prospettive dei medici, poiché si potranno studiare nuove terapie sperimentali nelle fasi iniziali della malattia, prima della fase irreversibile che solitamente coincide con la comparsa di sintomi riconoscibili quali la perdita di memoria”, ha spiegato la coordinatrice del progetto, Simonetta Grilli.