Covid, studio Cnr: una variante genetica proteggerebbe dall'infezione grave

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Identificata dai ricercatori del Cnr-Icb e dell’Università Federico II di Napoli, avrebbe un effetto protettivo contro la malattia da coronavirus negli uomini giovani e nelle donne anziane

Un team di ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Icb) e dell’Università Federico II di Napoli, analizzando i dati di oltre mille pazienti italiani affetti da Covid-19, è riuscito a individuare una variante genetica che avrebbe un effetto protettivo contro l'infezione grave da Covid-19 negli uomini giovani e nelle donne anziane. Si tratta di una variante del gene TMPRSS2, "utilizzato nella cellula come stampo per le sintesi di un enzima, una proteasi, in grado di agire su altre proteine".
I risultati, descritti nel dettaglio sulle pagine della rivista specializzata Genes, offrono uno strumento potenzialmente utile per riuscire a individuare i soggetti a rischio di sviluppare una forma severa dell'infezione e potrebbero aprire la strada allo sviluppo di nuovi farmaci contro il Covid-19.

Lo studio su oltre mille pazienti italiani con Covid-19

Per compiere lo studio, i ricercatori hanno utilizzato tecniche di data mining applicate alla bioinformatica per riuscire a prevedere quali geni umani potessero influenzare l’insorgere o la gravità dei casi di Covid-19, analizzando i dati di 1177 pazienti affetti da Covid-19 in Italia. Sono così riusciti a osservare l’effetto protettivo esercitato da una variante del gene TMPRSS2 negli uomini giovani e nelle donne anziane. "Nel caso specifico la proteasi" sintetizzata tramite il gene TMPRSS2 "agisce sulla proteina Spike del coronavirus che è nota essere un elemento chiave per l’instaurarsi dell’infezione”, ha spiegato Giuseppina Andreotti, ricercatrice del Cnr-Icb, e coordinatrice del team di ricerca insieme con Maria Vittoria Cubellis, ricercatrice associata del Cnr-Icb e docente del Dipartimento di biologia dell’Università Federico II di Napoli. “I dati hanno messo in luce che in questi gruppi di pazienti, uomini giovani e donne anziane, quelli che avevano una mutazione nel gene TMPRSS2 avevano un quadro clinico meno severo rispetto a coloro che non presentavano la mutazione".

I risultati nel dettaglio

“In particolare, la variante di TMPRSS2 identificata e maggiormente rappresentata nella popolazione, causa la sostituzione di un amminoacido nella proteasi, al posto della valina in posizione 197 della sequenza c’è la metionina”, ha aggiunto la ricercatrice.
Studiando la proteina mutata con simulazioni matematiche al computer e grazie a programmi di predizione delle proprietà chimico-fisiche delle proteine, i ricercatori hanno concluso che "è ragionevole ipotizzare che abbia un’attività biologica ridotta rispetto a quella non mutata".
“Questa osservazione genetica potrebbe aprire la strada ad un’interessante ricaduta terapeutica poiché farmaci in grado di inibire o ridurre l’attività della proteasi TMPRSS2, così come fa la mutazione nelle persone relativamente protette, potrebbero essere utilizzati per la cura della Covid-19”, ha concluso Andreotti. “Tali farmaci esistono sebbene siano utilizzati per la cura di altre patologie. Si tratta del camostat mesilato e del nafamostat mesilato. Riposizionare questi farmaci fornirebbe dunque un nuovo e valido strumento per il trattamento della Covid-19”.

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