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Coronavirus, i pediatri: “Necessari i tamponi anche per i bambini”

Salute e Benessere
Sky Tg24

A lanciare l’allarme, ai microfoni di Sky Tg24, è Manuele Gnecchi, pediatra da 21 anni in una zona, la Valseriana nella Bergamasca, che è stata particolarmente colpita dall’emergenza sanitaria

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“I bambini in tutta questa situazione sono stati completamente dimenticati. Lo posso capire in una fase uno, non posso assolutamente capire e comprendere che succeda in una fase due in cui abbiamo bisogno di sapere di più. Dobbiamo poter prescrivere i tamponi anche ai bambini”. Sono queste la parole, rilasciate in un’intervista ai microfoni di Sky Tg24 (VIDEO), del dottor Manuele Gnecchi, pediatra da 21 anni in una zona, la Valseriana nella Bergamasca, in cui l'epidemia del nuovo coronavirus è stata particolarmente aggressiva, trasformandosi in un’ecatombe che ha colpito gli anziani soprattutto, ma in cui i bambini non sono immuni.

L’allarme dei pediatri

“Abbiamo notato un aumento delle malattie dermatologiche, fortunatamente di poca entità e che praticamente si auto risolvono. Sembra che siano manifestazioni tardive soprattutto dell'infiammazione”, continua nel suo allarme il pediatra. “Il problema è sapere quanto tempo i bambini rimangono infettivi e se lo sono ancora, non lo sono ancora, soprattutto adesso che i genitori riprendono a lavorare, la domanda classica è: ma io adesso lo posso portare dai nonni o non lo posso portare dai nonni?”, argomenta ancora Gnecchi. Il vero problema è che nessuno degli specialisti può rispondere ancora con certezza a domande come questa, perché i pediatri, almeno al momento, non possono richiedere tamponi. Nemmeno in questo territorio, la zona di Bergamo, in cui un gruppo di pediatri della zona, tra cui lo stesso dottor Gnecchi, ha costituito le uniche USCA pediatriche presenti in Italia.

Le visite a domicilio

Si tratta, in particolare, di unità di medici e specialisti abilitati a fare visite a domicilio ai piccoli pazienti che si sospetta possano aver contratto il Covid-10 o figli di genitori già conclamati. Un gruppo di bambini che in queste zone d’Italia, soprattutto, rischia di andare ad aumentare le fila dei malati “invisibili”. “Siamo molto preoccupati come pediatri del rientro delle scuole, degli asili nido, delle riaperture scolastiche. Perché se anche qui potremmo ipotizzare un 60% di persone che è stata infettata, ne abbiamo ancora un 40% di persone che non sono infettate. Quindi rimetterli tutti in comunità, senza sapere niente, per noi è drammatico. Professionalmente è una sconfitta”, ha concluso Gnecchi.

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