Studio italiano: Rna del coronavirus sarebbe trasportato dal particolato atmosferico

Salute e Benessere
Coronavirus Milano (Foto da Fotogramma)

Il risultato, ottenuto dalla Società Italiana di Medicina Ambientale, aprirebbe la strada alla possibilità di poter rilevare precocemente future recidive della pandemia da Covid-19, monitorando la presenza del virus sul particolato atmosferico delle città italiane  

Il coronavirus Sars-Cov-2 sarebbe stato ritrovato sul particolato atmosferico. Il risultato è di un nuovo studio condotto dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), in collaborazione con le Università di Trieste, Bari, Bologna e l'Ateneo di Napoli "Federico II”, a poco più di un mese dalla pubblicazione di un Position Paper sulla "Valutazione della potenziale relazione tra l'inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione dell'epidemia da Covid-19”. I risultati emersi dalla ricerca italiana, come ribadito dal presidente della Sima, Alessandro Miani, aprono la possibilità di “testare la presenza del virus sul particolato atmosferico delle nostre città nei prossimi mesi come indicatore per rilevare precocemente la ricomparsa del coronavirus e adottare adeguate misure preventive prima dell'inizio di una nuova epidemia”. Analizzare la presenza del virus sulle polveri potrebbe anche essere utile per verificare la diffusione del virus negli ambienti chiusi, come gli ospedali, gli uffici e i locali aperti al pubblico.

Lo studio della Sima nel dettaglio

“Questa prima parte della ricerca mirava espressamente a cercare la presenza dell'RNA del SARS-CoV-2 sul particolato atmosferico”, ha spiegato Leonardo Setti, coordinatore del gruppo di ricerca scientifica insieme con il professor Gianluigi De Gennaro e il professor Miani. I primi risultati che hanno confermato la presenza del coronavirus Sars-Cov-2 nel particolato atmosferico sono arrivati dai dati raccolti da analisi eseguite su “34 campioni di PM10 in aria ambiente di siti industriali della provincia di Bergamo, raccolti con due diversi campionatori d'aria per un periodo continuativo di 3 settimane, dal 21 febbraio al 13 marzo”.
I campioni sono stati analizzati dagli esperti dall’Università di Trieste, grazie alla cooperazione con i laboratori dell’azienda ospedaliera Giuliano Isontina. I ricercatori sono riusciti a confermare "la presenza del virus in almeno 8 delle 22 giornate prese in esame”. “I risultati positivi sono stati confermati su 12 diversi campioni per tutti e tre i marcatori molecolari, vale a dire il gene E, il gene N ed il gene RdRP, quest'ultimo altamente specifico per la presenza dell'RNA virale SARS-CoV-2”, ha precisato Setti. “Possiamo confermare di aver ragionevolmente dimostrato la presenza di RNA virale del SARS-CoV-2 sul particolato atmosferico rilevando la presenza di geni altamente specifici, utilizzati come marcatori molecolari del virus, in due analisi genetiche parallele”.

Risultati non attestano l’esistenza di una terza via di contagio

Indagare la presenza del virus sulle polveri “potrebbe essere anche un buon marker per verificarne la diffusione negli ambienti indoor come ospedali, uffici e locali aperti al pubblico”, ha aggiunto De Gennaro. “Le ricerche hanno ormai chiarito che le goccioline di saliva potenzialmente infette possono raggiungere distanze anche di 7 o 10 metri, imponendoci quindi di utilizzare per precauzione le mascherine facciali in tutti gli ambienti”, ha aggiunto l’esperto Gianluigi De Gennaro. Tuttavia, i risultati del nuovo studio non attestano “con certezza definitiva che vi sia una terza via di contagio”. Ciononostante, come ha ribadito l’esperto, è importante che nella Fase 2 si cerci di mantenere basse le emissioni di particolato, per limitare la potenziale diffusione del virus.
“La presenza del virus sulle polveri atmosferiche è una preziosa informazione in vista dell’imminente riapertura delle attività sociali, che conferma l’importanza di un utilizzo generalizzato delle mascherine da parte di tutta la popolazione. Se tutti indossiamo le mascherine, la distanza inter-personale di 2 metri è da considerarsi ragionevolmente protettiva permettendo così alle persone di riprendere una vita sociale”, ha aggiunto Miami, presidente della Sima.  

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