A spiegarlo, citando una serie di test preliminari eseguiti da esperti americani su quattro superfici (rame, cartone, acciaio inossidabile e plastica) è il noto medico e divulgatore scientifico Roberto Burioni, in un articolo apparso su Medical Facts
Una tra le domande più frequenti che vengono poste agli specialisti, in questo periodo di emergenza, è quanto possa resistere sulle superfici il coronavirus. Ad occuparsi del tema, citando uno studio apparso sul portale “medRxiv” è il noto medico Roberto Burioni, all’interno del suo sito, Medical Facts. (CORONAVIRUS, LA SITUAZIONE IN ITALIA)
La trasmissione indiretta
La ricerca, pubblicata in data 13 marzo, ha coinvolto un team di specialisti americani che hanno effettuato alcuni test per valutare sia la capacità del virus di resistere nel tempo su superfici di vari materiali ma ne hanno anche osservato la conseguente capacità di infettare. E questo, scrive Burioni nell’articolo a firma anche di Nicasio Mancini, è un dato abbastanza importante, “in quanto confermerebbe come un modo importante di trasmissione del virus sia quello indiretto, attraverso le nostre mani. Tocchiamo superfici contaminate e, inavvertitamente, ci infettiamo portando le mani alla bocca, nel naso o negli occhi”. Ed è anche questo uno dei motivi perché ormai in tutti i vademecum per difendersi dal contagio viene consigliato di lavare spesso le mani e di cercare di non toccarsi il viso se queste non sono state adeguatamente pulite con acqua e sapone. (BORRELLI, TREND IN RIBASSO)
Quattro superfici
Per avviare i loro test, gli esperti hanno messo una determinata quantità di virus su differenti tipologie di superfici. Sono state quattro in tutto quelle utilizzate, ovvero rame, cartone, acciaio inossidabile e plastica. Nella loro osservazione, gli specialisti hanno poi verificato come la capacità infettante del virus si modificasse col trascorrere del tempo ed in condizioni ambientali molto simili a quelle delle nostre case, con una temperatura ambiente, a 21-23 gradi e con un’umidità relativa del 40%. (LAUREA IN MEDICINA ABILITANTE)
I dati emersi dai test
I test effettuati hanno dimostrati che le superfici più ostiche per il virus sono il rame e il cartone, materiali sui quali si è verificato “un dimezzamento della capacità infettiva” in meno di due ore per il rame ed entro cinque ore nel caso del cartone. La totale mancanza di infettività del virus è stata osservata dopo quattro ore per il rame e dopo ventiquattro ore per il cartone. Per quanto riguarda invece acciaio inossidabile e plastica, la persistenza del virus su tali superfici si è dimostrata più lunga nel tempo. Sull’acciaio inossidabile l’infettività del virus risultava dimezzata solo dopo circa sei ore, mentre ne sono servite circa sette perché lo stesso processo avvenisse sulla plastica. Il completo azzeramento dell’infettività, di conseguenza, si è verificato in tempistiche più lunghe rispetto a rame e cartone: almeno 48 ore per l’acciaio e 72 per la plastica. “Il rischio, quindi, diminuisce notevolmente al passare delle ore ma non si annulla se non dopo qualche giorno”, si legge su Medical Facts. (LA NUOVA TERAPIA INTENSIVA AL S. RAFFAELE - FOTO)
L’importanza dell’igiene
Si tratta, scrive il medico e divulgatore scientifico, di un esperimento certamente importante, ma ancora da confermare con altri test specifici sul tema. Di base, comunque viene confermato come sia assolutamente indispensabile una corretta igiene delle mani e delle superfici, attraverso acqua e sapone o altri detergenti, evitiamo di toccarsi il viso. (#SAFEHANDS CHALLENGE)