Infezione da Clostridium difficile, il trapianto di microbiota migliora la sopravvivenza

Salute e Benessere
Immagine di archivio (Agenzia Fotogramma)

Lo dimostrano i risultati di uno studio condotto dai ricercatori della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma e pubblicato sulla rivista Annals of Internal Medicine 

Da un nuovo studio italiano, pubblicato sulla rivista specializzata Annals of Internal Medicine, emerge che il trapianto di microbiota da un donatore sano dimezza i giorni di degenza nei pazienti ricoverati per l’infezione da ‘Clostridium difficile’, ne aumenta la sopravvivenza nel tempo di oltre un terzo rispetto alla terapia antibiotica classica e riduce il rischio di gravi complicanze, come la sepsi. Per Antonio Gasbarrini, coordinatore dello studio e Direttore dell’Area Medicina Interna, Gastroenterologia e Oncologia medica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma, questa scoperta è destinata a cambiare la pratica clinica ospedaliera.

La diffusione dell’infezione da Clostridium difficile

Negli ultimi anni l’infezione da Clostridium difficile è diventata epidemica negli ultimi anni, soprattutto nei pazienti anziani e fragili, anche a causa dell’abuso di antibiotici. Si stima che negli Stati Uniti ogni anno perdano la vita circa 29.000 persone a causa di questa patologia, per una spesa complessiva di 5 miliardi di dollari. Il batterio Clostridium difficile è presente in forma latente nell’intestino di circa il 30% delle persone (portatori sani) e l’infezione si verifica solo quando il microbiota del portatore viene debilitato: ciò può verificarsi in seguito a massicce e ripetute terapie antibiotiche.

Il trapianto di microbiota migliora la sopravvivenza

Giovanni Cammarota, responsabile del Day Hospital di Gastroenterologia e Trapianto di Microbiota presso il Policlinico Gemelli, spiega che nel corso di alcuni studi svolti in passato il team di ricerca era riuscito a dimostrare la maggiore efficacia del trapianto di microbiota rispetto alla terapia antibiotica nel trattamento dell’infezione da Clostridium difficile, non solo nelle sue forme ricorrenti, ma anche in quelle più gravi. “Tuttavia, si sapeva ancora poco circa l’utilità di tale metodica nel prevenire le complicanze legate all’infezione. Con questo studio abbiamo aggiunto un tassello importante a favore di tale procedura”, chiarisce Cammarota. Nel nuovo studio sono stati coinvolti 280 pazienti ricoverati presso il Policlinico Agostino Gemelli per infezione da Clostridium difficile, di cui 181 trattati con antibiotici e 109 con il trapianto di microbiota. Quest’ultimo gruppo si è distinto per un rischio di sepsi circa quattro volte inferiore (5% vs 22% dei pazienti), una degenza più breve (13 giorni vs 30 giorni) e un tasso di sopravvivenza complessiva maggiormente elevato (92% vs 61%). "Per la prima volta abbiamo dimostrato che il trapianto migliora la sopravvivenza complessiva di questi pazienti, che mediamente sono di per sé molto fragili e a rischio", sostiene Gianluca Ianiro, primo autore dello studio. 

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