Sotto la guida di Frank Booth, i ricercatori dell’Università del Missouri hanno analizzato 160 roditori, riuscendo a identificare una caretteristica genetica comune nei più pigri
Per vivere uno stile di vita sano è fondamentale dedicare regolarmente del tempo all’attività fisica.
Condurre una vita sedentaria, infatti, secondo quanto dimostrato da numerose ricerche, aumenterebbe il rischio di sviluppare più di 40 malattie croniche.
Spinti dall’obiettivo di identificare eventuali geni coinvolti nell’inattività fisica, un team di ricercatori dell’Università del Missouri, coordinato da Frank Booth, ha individuato nei topi una chiave genetica legata alla sedentarietà che potrebbe trovare riscontro anche nell’uomo.
"Ricerche precedenti hanno mostrato che i geni svolgono un ruolo nell'inattività fisica e poiché la sedentarietà porta a malattie croniche, volevamo identificare quali geni fossero coinvolti”, spiega il coordinatore dello studio.
Lo studio nel dettaglio
Per compiere lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Molecular Neurobiology, i ricercatori hanno monitorato per un periodo di tempo di 10 anni un campione composto da 80 topi maschi e da altrettanti esemplari femmina.
Nello specifico, hanno focalizzato la loro attenzione sugli animali meno attivi, ovvero su quelli che usavano con minor frequenza la ruota da corsa di cui erano state dotate le loro gabbiette.
Analizzandone il patrimonio genetico, è emerso che i roditori meno attivi avevano in comune una scarsa presenza del gene Alfa inibitoredella protein-chinasi.
“Ciò che rende difficile la terapia genica è che la maggior parte delle malattie croniche non sono causate da un solo gene. Ad esempio, ci sono più di 150 variazioni genetiche coinvolte nel diabete di tipo 2”, spiega Frank Booth.
I risultati ottenuti, secondo l’esperto, daranno il via a una serie di altri test mirati a identificare negli animali e nell’uomo altri geni potenzialmente coinvolti nell’inattività fisica.
Svelare i geni associati alla sedentarietà potrebbe essere fondamentale per riuscire a prevenire lo sviluppo delle patologie croniche ad essa correlate.
Vent’anni di vita sedentaria raddoppiano il rischio di morte precoce
Da un recente studio, condotto dai ricercatori dell’Università di Trondheim e presentato in occasione del congresso della European Society of Cardiology, è emerso che chi conduce una vita sedentaria per vent’anni ha un rischio di morte prematura doppio rispetto a chi resta fisicamente attivo nello stesso arco di tempo. Per giungere a questa conclusione, gli esperti hanno monitorato per più di 20 anni la sedentarietà degli abitanti della Norvegia di età superiore ai 20 anni.
“Si può anche ridurre il rischio di morte divenendo attivi fisicamente, anche con un passato di sedentarietà", spiega Trine Moholdt, coordinatrice della ricerca.