Uno studio presentato al meeting di Rimini dimostra come l’emicrania influisca sulle performance lavorative e sulla vita di tutti i giorni
L’emicrania può avere effetti negativi sia sulla vita quotidiana delle persone, che su quella professionale. Tra coloro che ne soffrono è la causa del 14% delle assenze sul posto di lavoro, ma soprattutto riduce la produttività dei lavoratori del 46%. Ad affermarlo è la ricerca internazionale denominata ‘My Migraine Voice Survey’, esposta al meeting di Rimini. "Questo tipo di cefalea arriva a colpire 14 italiani su 100, ben 9 milioni di persone – spiega Paolo Martelletti, presidente della Fondazione Italiana Studio Cefalee -. Questa ricerca è importante perché si interroga su quali siano le conseguenze del disturbo a livello sociale”.
Uno su tre ne ha sofferto per più di 16 anni
Per capire l’entità del problema, gli studiosi hanno fatto compilare dei questionari a 11.266 persone che accusavano il dolore. Il campione è stato composto da individui proveniente da 31 Paesi, tra cui anche l'Italia. Dai risultati emerge la cronicità dell'emicrania: il 37% degli intervistati, più di uno su tre, ha riferito di averne sofferto per un periodo di tempo superiore ai 16 anni. Un altro dato interessante riguarda le attività quotidiane: il 50% dei soggetti che soffrono di emicrania lamenta disabilità nello svolgere le azioni di tutti i giorni, anche quelle più banali. Il fenomeno si riflette quindi anche sulla normale attività lavorativa. In media, il 60% degli intervistati ha ammesso di essere stato assente per poco meno di una settimana in un mese (4,6 giorni) proprio per colpa del disturbo.
In arrivo un anticorpo monoclonale
Le terapie e i farmaci legati alla cura della cefalea hanno anche un costo non indifferente a livello sanitario. Come sostiene Martelletti, infatti, "il costo annuo pro-capite per ricoveri, visite, farmaci, accessi al pronto soccorso ed esami può variare dagli 829 euro per le forme episodiche ai 2648 per quelle croniche”. La ricerca sta però compiendo dei passi in avanti, al fine di consentire anche ai soggetti che ne soffrono maggiormente di poter alleviare il dolore: “In Italia entro quest’anno sarà disponibile un anticorpo monoclonale che aiuterà a gestire meglio il disturbo", conclude Martelletti.