Caso Simonetta Cesaroni: inchiesta nata dopo esposto dei familiari, delegate le indagini

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Il fascicolo dei pm di Roma riguarda la morte della ragazza, uccisa con 29 coltellate il 7 agosto 1990 in via Poma. Il procedimento è per omicidio volontario, al momento contro ignoti

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Ha preso il via da un esposto presentato nelle scorse settimane dai familiari di Simonetta Cesaroni il nuovo fascicolo di indagine dei pm di Roma sulla morte della ragazza, uccisa con 29 coltellate il 7 agosto del 1990 in via Poma. L’ipotesi di reato è omicidio volontario, al momento contro ignoti.

Le indagini

In base a quanto si apprende i magistrati di piazzale Clodio hanno affidato una delega alle forze dell'ordine per effettuare una serie di accertamenti. Nei giorni scorsi la procura avrebbe inoltre riascoltato i testimoni dell'epoca, tra cui l'allora dirigente della squadra mobile di Roma, Antonio Del Greco.

La vicenda giudiziaria

Sull'omicidio della ventenne romana la parola fine sembra essere arrivata nel febbraio del 2014 con la decisione della Cassazione che confermò l'assoluzione dell'ex fidanzato. Contro di lui non furono trovate prove in grado di accusarlo "oltre ogni ragionevole dubbio" di essere l'assassino. Anzi, gli elementi che in primo grado portarono alla sua condanna a 24 anni di carcere, per i giudici della Suprema Corte erano da considerare solo delle "congetture". Nelle motivazioni di quella decisione la Cassazione mise in fila tutti i tasselli di uno dei più noti casi irrisolti della cronaca nera, dopo le archiviazioni dei procedimenti a carico del portiere dello stabile Pietrino Vanacore (morto suicida) e di Federico Valle. Ad avviso degli 'ermellini' l'assoluzione di Busco emessa dalla Corte d'Assise d'appello di Roma il 27 aprile 2012, non è da mettere in discussione perche' risponde alle regole della "congruità" e completezza della motivazione" ed ha una "manifesta logicità". I giudici di piazza Cavour smontarono l'impianto accusatorio della procura arrivando ad affermare che non si sa nulla di sicuro sulle "modalità e i tempi" dell'azione omicidiaria, sul "movente" dell'omicidio, e nulla autorizza a ritenere "falso" l'alibi di Busco. Non è nemmeno sicuro che l'ex fidanzato di Simonetta fosse in via Poma quel giorno, mentre è sicuro che ci sono state altre persone delle quali si è trovato il Dna "minoritario" sulla porta di ingresso della stanza dove si trovava Simonetta e sul telefono dell'ufficio.

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