Omicidio Pamela Mastropietro, la Corte di Cassazione conferma l’ergastolo per Oseghale

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Annullata invece la sentenza d’appello per il reato di violenza sessuale, disposto per questa accusa un processo d’appello bis che si terrà a Perugia. La 18enne è stata uccisa e fatta a pezzi il 30 gennaio 2018 a Macerata. La madre della vittima: "Sono 4 anni che aspetto giustizia"

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La Corte di Cassazione ha confermato la condanna all'ergastolo per Innocent Oseghale, 32enne pusher nigeriano, per l'omicidio della 18enne romana Pamela Mastropietro, uccisa e fatta a pezzi il 30 gennaio 2018 a Macerata.

La decisione

Gli 'ermellini' hanno accolto parzialmente le richieste del pg Francesca Loy che aveva sollecitato l'inammissibilità delle istanze presentate dalla difesa. La decisione della Suprema Corte arriva a 14 mesi di distanza dalla sentenza della Corte d'Assise d'appello di Ancona che nell'ottobre del 2020 aveva ribadito in pieno l'impianto accusatorio dei pm di Macerata. Nel corso del processo di secondo grado, Oseghale, aveva respinto l'accusa di omicidio. "Non l'ho uccisa io", aveva sostenuto in aula, ammettendo però di averne sezionato il corpo per disfarsene perché non entrava in valigia. 

Processo d’appello bis per reato violenza sessuale

La Suprema Corte ha però annullato la sentenza d'appello con riferimento al reato di violenza sessuale, disponendo su questa accusa un appello bis che si terrà a Perugia. Se, in ipotesi, i giudici di secondo grado dovessero ritenerlo non responsabile dello stupro, la pena finale potrebbe essere diversa da quella dell'ergastolo, inflittagli dalla Corte d'assise d'appello di Ancona. Potrebbe portare anche ad un abbassamento della pena a 30 anni dopo l'ergastolo riconosciuto all'imputato in primo grado e nel primo processo d'appello. 

La madre di Pamela: "Sono 4 anni che aspetto giustizia"

"Sono 4 anni che aspetto giustizia". Così ha urlato, visibilmente scossa, la madre di Pamela Mastropietro Alessandra Verni, fuori dalla Cassazione, dopo la decisione della Suprema Corte di disporre un nuovo processo, solo in merito all’aggravante della violenza sessuale. "Ammazzano, violentano, fanno a pezzi e lo Stato italiano non fa nulla", ha detto ancora la mamma di Pamela allontanandosi da piazza Cavour.

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Avvocato famiglia: "Madre Pamela amareggiata, per lei è supplizio"

"La madre di Pamela è amareggiata, per lei questo è un supplizio". Lo afferma l'avvocato Marco Valerio Verni, legale della famiglia di Pamela Mastropietro assieme ad Ippolita Naso. "È una sentenza che ci lascia l'amaro in bocca, oggi speravano oggi arrivasse la parola fine", aggiunge l'avvocato. "L'annullamento con rinvio a Perugia per l'accusa di violenza sessuale rischia di portare ad una riduzione della pena e ciò ci dispiace e amareggia", conclude il legale.

"Decisione non rappresenta novità per noi"

"La decisione di oggi non rappresenta una novità per noi - afferma uscendo dal 'Palazzaccio' - la sensazione era nell'aria: la procura di Macerata non ha mai focalizzato la patologia di cui era affetta Pamela e se questo problema fosse stato approfondito anche il profilo della violenza sessuale sarebbe stato blindato". La sentenza di oggi, aggiunge il legale, "comunque ci dice che Pamela non è morta di overdose ma per le coltellate ricevute. La mamma è molto delusa, la famiglia si aspettava il massimo della pena, ma quando un procedimento nasce viziato queste possono essere le conseguenze". Si tratterà in ogni caso, secondo l'avvocato di parte civile, di "una pena elevata, ma dopo tutto ciò che si è affrontato c’è un bel po' di amarezza. Vedremo le motivazioni, noi restiamo fermamente convinti che ricorra anche l'aggravante della violenza sessuale".

Oseghale negò violenza sessuale e omicidio

Innocent Oseghale, condannato all'ergastolo in primo grado e secondo grado per omicidio volontario, aggravato dalla violenza sessuale, vilipendio, distruzione e occultamento di cadavere, ha sempre negato la violenza sessuale e l'omicidio di Pamela. Nella sua versione dei fatti, dopo l'incontro a Macerata il 30 gennaio 2018 con la 18enne, che si era allontanata da una comunità di recupero della zona e stava cercando della droga, sarebbero andati nel suo appartamento, in via Spalato, dove poi la ragazza morì: per overdose, secondo Oseghale, che ha sempre sostenuto di avere avuto con lei un rapporto consenziente. Secondo l'accusa invece, il pusher l'avrebbe violentata, mentre era sotto l'effetto dell'eroina, e uccisa nel timore che lei si riprendesse e lo denunciasse. Una impostazione, quest'ultima, accolta dai giudici di primo e di secondo grado. Oseghale ha invece sempre ammesso di avere fatto a pezzi il corpo della ragazza per disfarsene. Il cadavere fu poi ritrovato in due trolley nelle campagne maceratesi il 31 gennaio. Per la famiglia della 18enne, infine, il pusher non avrebbe agito da solo. Ma altre persone entrate nell'inchiesta (con varie ipotesi di reato) ne sono poi uscite.

L'omicidio

"Ero sotto choc, confuso, agitato - aveva riferito davanti ai giudici marchigiani - ho fatto una cosa terribile... mi dispiace". Il corpo della giovane venne ritrovato all'interno di due trolley sul ciglio di una strada a Pollenza, vicino Macerata, dove Oseghale l'aveva lasciato. L'uomo uccise Pamela con due coltellate al fegato dopo aver avuto con lei un rapporto sessuale, approfittando dello stato di fragilità della ragazza - con doppia diagnosi borderline e di tossicodipendenza - scappata il giorno prima da una comunità terapeutica e che aveva assunto eroina procurata proprio per il tramite di Oseghale. L'omicidio, secondo l'accusa, sarebbe stato il modo per evitare che lei lo denunciasse. Il 32enne ha sempre sostenuto che Pamela accusò un malore in casa dopo essersi iniettata eroina e che poi morì: lui, preso dal panico, secondo la sua versione dei fatti, smembrò il corpo solo per disfarsene.

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