A cura di Cristina Terzaghi, è in programma dal 26 novembre al 27 marzo 2022. L'esposizione si sviluppa attorno alla celeberrima tela caravaggesca "Giuditta che decapita Oloferne" per indagarne la fortuna e la capacità di rappresentare nella storia della pittura un punto di rottura proprio per la sua rivoluzionaria composizione
"Caravaggio e Artemisia: la sfida di Giuditta. Violenza e seduzione nella pittura tra Cinquecento e Seicento", a cura di Cristina Terzaghi, è la mostra in programma a Palazzo Barberini dal 26 novembre al 27 marzo 2022. Celebrando i 70 anni dalla riscoperta della tela di Caravaggio "Giuditta che decapita Oloferne", realizzata a Roma al principio del Seicento e custodita a Palazzo Barberini, e i 50 anni dall'acquisizione da parte dello Stato Italiano dell'opera, l'esposizione presenta in quattro sezioni 31 dipinti - quasi tutti di grande formato - provenienti da importanti istituzioni nazionali ed internazionali.
La mostra
La mostra si gioca sulla potenza drammatica dell'incontro tra i due celebri artisti: la visione violenta e sensuale che del mito biblico di Giuditta Caravaggio ha restituito in un dipinto entrato per la sua forza dirompente nell'immaginario collettivo, accanto all'interpretazione tutta femminile di quello stesso tema offerta da un'artista tenace, coraggiosa e appassionata come Artemisia Gentileschi. A cura di Maria Cristina Terzaghi, l'esposizione si sviluppa attorno alla celeberrima tela caravaggesca "Giuditta che decapita Oloferne" per indagarne la fortuna e la capacità di rappresentare nella storia della pittura un punto di rottura proprio per la sua rivoluzionaria composizione, divenuta un modello a cui in tanti si sono ispirati.
Le quattro sezioni
Sono 31 le tele esposte in un percorso denso, articolato in quattro sezioni, che racconta le tante interpretazioni del tema di Giuditta tra il XVI e il XVII secolo: dapprima il contesto cinquecentesco a evidenziare i primi tentativi di una nuova rappresentazione, poi l'impatto deflagrante della tela di Caravaggio, in cui per la prima volta centrale è la veemenza del delitto e il momento culminante dell'emozione. Nella terza sezione compare invece Artemisia Gentileschi, massima interprete del mito di Giuditta, che più volte insieme al padre Orazio si misura con questo soggetto: la pittrice sceglie di immedesimarsi nell'eroina biblica e coglie la possibilità di veicolare il messaggio di una donna forte, esempio di virtù. Infine, la quarta sala, dedicata al confronto tra il tema di Giuditta e Oloferne e quello di Davide e Golia.