Covid, Tar Lazio decreta stop a visite domicilio per medici famiglia

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“L’affidamento ai medici di medicina generale” per assistere a casa i malati Covid risulta in contrasto con la normativa emergenziale. Per questo il Tar ha parzialmente accolto un ricorso proposto dal Sindacato dei Medici Italiani contro alcuni provvedimenti della Regione Lazio. Ordine Medici: "Bene la pronuncia del Tar". Regione Lazio: "Proporremo ricorso urgente al Consiglio di Stato"

"L'affidamento ai medici di medicina generale del compito di assistenza domiciliare ai malati Covid" risulta in contrasto con la normativa emergenziale. Per questo il Tar del Lazio ha parzialmente accolto un ricorso proposto dal Sindacato dei Medici Italiani contro alcuni provvedimenti della Regione Lazio, bocciando l'uso dei medici di famiglia per l'assistenza territoriale dei pazienti Covid. (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI - LA SITUAZIONE NEL LAZIO E A ROMAMAPPE E GRAFICI DEI CONTAGI).

“Funzione impropria, per legge spetta alle Usca”

Per effetto delle decisioni regionali, "i Medici di Medicina Generale - precisa il Tar - risultano investiti di una funzione di assistenza domiciliare ai pazienti Covid del tutto impropria, che per legge dovrebbe spettare unicamente alle Unità Speciali di Continuità Assistenziale (Usca)". Per il Tar i medici verrebbero "pericolosamente distratti dal compito di prestare l'assistenza ordinaria, a tutto detrimento della concreta possibilità di assistere i tanti pazienti non Covid, molti dei quali affetti da patologie anche gravi".

Il Tar ritiene il ricorso fondato

Un ulteriore passaggio dell'ordinanza regionale del 17 marzo scorso - ovvero quello che prescrive di valutare l'eventuale attivazione delle Unità Speciali di continuità Assistenziale per l'assistenza a domicilio nei pazienti COVID positivi - era contestato dal Sindacato dei medici in quanto "contempla come meramente 'eventuale' l'intervento di assistenza domiciliare delle USCAR laziali. Ma tale tipologia di intervento dovrebbe costituire, non una semplice 'eventualità', bensì il precipuo ed esclusivo obiettivo delle USCA". Valutando queste e altre censure, il Tar ha ritenuto il ricorso fondato.

I giudici: “Hanno ragione i ricorrenti”

"Hanno ragione i ricorrenti - scrivono i giudici - quando affermano che il legislatore d'urgenza ha inteso prevedere che i medici di famiglia potessero proseguire nell'attività assistenziale ordinaria, senza doversi occupare dell'assistenza domiciliare dei pazienti Covid. E tale previsione è stata replicata in modo identico nell'art. 4-bis del Dl n. 18 del 17 marzo 2020". Pertanto "l'affidamento ai MMG del compito di assistenza domiciliare ai malati Covid risulta in contrasto con le citate disposizioni, cosicché, assorbite ulteriori censure, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento in parte qua dei provvedimenti impugnati".

Regione Lazio: "Proporremo ricorso urgente contro sentenza Tar"

"La sentenza del Tar, che rispettiamo, non tiene conto di un quadro di forte evoluzione del ruolo dei medici di medicina generale nel contrasto alla pandemia ed arriva dopo 8 mesi dalle modalità organizzative messe in atto che finora hanno consentito di essere nella cosiddetta zona 'gialla'". Lo ha detto in una nota l’Unità di Crisi Covid-19 della Regione Lazio. "Proporremo ricorso urgente al Consiglio di Stato – sottolinea l’Unità di Crisi - contro la sentenza del Tar del Lazio che è in contraddizione con le funzioni che il nuovo ACN assegna ai medici di medicina generale (Mmg), tant’è che di recente è stato siglato l'accordo nazionale, non dalla sigla che ha proposto il ricorso, che permettere loro di eseguire i tamponi rapidi, dove necessario anche a domicilio". Da oggi infatti nel Lazio i medici di medicina generale hanno iniziato a effettuare i test antigenici e le Asl stanno distribuendo i primi 50mila test (dei 200 mila previsti) con i relativi dispositivi di protezione individuale. Per la Regione, nei moduli organizzativi che ha deciso, "è innanzitutto compito della medicina territoriale farsi carico, con i dovuti mezzi di protezione e la dovuta formazione, di questi pazienti che molte volte non sono affetti unicamente da COVID, ma anche da altre patologie croniche".

D'Amato: "Sentenza Tar non tiene conto di quadro pandemico"

"I cittadini chiedono una cosa semplice: di poter parlare con il proprio medico di medicina generale e di avere, lì dove necessario, l'assistenza domiciliare. La sentenza del Tar del Lazio non tiene conto del mutato quadro della pandemia e del ruolo che devono avere anche i medici di medicina generale (MMG) nel rafforzare la rete territoriale di assistenza. E' un passo indietro rispetto al nuovo accordo nazionale sottoscritto dalle principali sigle dei medici di medicina generale e dal Ministro Speranza". Lo dichiara l'Assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D'Amato. "Pensare di suddividere come fa il Tar l'assistenza domiciliare da Covid a non Covid destinando esclusivamente agli Mmg solo quest'ultima, non solo non tiene conto di un quadro di cronicità e pluripatologie presenti soprattutto nelle fasce di popolazione più anziana, ma tecnicamente significa non garantire alcuna assistenza domiciliare. Pensare di gestire gli oltre 600 mila in isolamento domiciliare in Italia e gli oltre 60 mila nel Lazio solo con le Unità mobili Usca-r vorrebbe dire avere a disposizione una platea di oltre 10 mila operatori, stante l'evoluzione della pandemia. Questo ovviamente non è né possibile e né praticabile. Ricorriamo in Consiglio di Stato affinché si possa sospendere la sentenza del Tar del Lazio, che rischia di bloccare l'assistenza domiciliare Covid creando un danno irreparabile in un momento in cui il servizio sanitario regionale sta combattendo una battaglia durissima per difendere Roma e il Lazio". 

Ordine Medici: "Bene la pronuncia del Tar"

"Bene la pronuncia del Tar per cui l'affidamento ai medici di medicina generale del compito di assistenza domiciliare ai malati Covid risulta in contrasto con la normativa emergenziale. Il Tar ribadisce ciò che la legge già prevede: l'assistenza domiciliare è compito delle Unità speciali Usca; se queste non ci sono o sono insufficienti, è un'inadempienza delle Regioni". Lo afferma all'Ansa il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli.
Lo scorso marzo, con il decreto numero 14, ha spiegato Anelli, "la norma ha stabilito che 'al fine di consentire ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta di garantire l'attività assistenziale ordinaria, le Regioni istituiscono le unità assistenziali Usca , una ogni 50mila abitanti, per la gestione dei pazienti Covid'". Dunque, "in base alla legge - rileva Anelli - i medici di base non devono fare le visite domiciliari ai pazienti Covid, ma ne effettuano il monitoraggio via telefonica o telematica. I medici di base non sono infatti attrezzati per effettuare le visite domiciliari a questi pazienti, compito che spetta appunto alle Usca". Questa, conclude, "è la legge e se le Regioni non l'hanno applicata, perchè le Usca non ci sono o sono insufficienti, sono in difetto le Regioni. Se non si sono previste le Usca si è violata la legge".

La nota dell’Unità di Crisi

"Nel Lazio vi sono oltre 60mila persone in isolamento domiciliare ed è tecnicamente impossibile gestirle unicamente con le USCA-R - si legge - è innanzitutto compito della medicina territoriale farsi carico, con i dovuti mezzi di protezione e la dovuta formazione, di questi pazienti che molte volte non sono affetti unicamente da Covid, ma anche da altre patologie croniche. Pertanto l'assunto del Tar per cui gli MMG dovrebbero occuparsi soltanto dell'assistenza ordinaria domiciliare (non Covid) è tecnicamente impossibile in una visione olistica del paziente, vorrebbe dire che un anziano iperteso diabetico e con il Covid può avere un'assistenza domiciliare dell'MMG solo per le patologie croniche anziché' per l'intero quadro clinico". "Proprio in questi giorni, attraverso il Commissario nazionale per l'emergenza, si stanno distribuendo a tutti i medici i kit per i tamponi rapidi antigenici, da fare nei loro studi, o presso locali messi a disposizione dalle Asl e dai Comuni e lì dove necessario anche a domicilio - conclude la nota - ed è per questo che la Regione Lazio ha disciplinato su base volontaria e nell'ambito delle prerogative attribuite dalla legge questa modalità. Ora c’è un rischio di un danno grave e irreparabile alla rete dell'assistenza territoriale nel contrasto alla pandemia".

Codacons: "Decisione Tar sbagliata"

La decisione del Tar del Lazio "è sbagliata e rischia di aggravare il caos che si registra negli ospedali italiani". Lo afferma il Codacons in una nota con la quale ha annunciato che interverrà in appello contro la pronuncia dei giudici di oggi. "I medici possono assistere a domicilio i propri pazienti - sostiene il Codacons - sia quando c'è il sospetto di contagio da Covid, sia dopo, nei casi di positività con sintomi non gravi che non richiedono le cure ospedaliere, anche senza recarsi a casa e ricorrendo alla telemedicina. Il provvedimento della Regione Lazio era utile perché, prevedendo l'assistenza domiciliare, evitava inutili intasamenti negli ospedali e pronto soccorso della regione, e pertanto interverremo in appello chiedendo di rivedere la decisione odierna del Tar".

Presidente Fnomceo: "Tar ribadise ciò che legge prevede"

Plaude alla decisione del Tar il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli: "il Tar ribadisce ciò che la legge già prevede: l'assistenza domiciliare è compito delle Unità speciali Usca; se queste non ci sono o sono insufficienti, è un'inadempienza delle Regioni". 

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