Omicidio Vannini, chiesta condanna a 14 anni per famiglia Ciontoli

Lazio

I quattro componenti della famiglia sono accusati dell'omicidio volontario del 20enne, morto tra il 17 e il 18 maggio del 2015 a Ladispoli

Il sostituto procuratore generale presso la corte d'appello di Roma, Vincenzo Saveriano, ha chiesto 14 anni di reclusione per i componenti della famiglia Ciontoli, considerati i responsabili della morte del 20enne Marco Vannini, avvenuta tra il 17 e il 18 maggio del 2015 a Ladispoli. Antonio Ciontoli, la moglie Maria Pezzillo e i due figli Martina e Federico sono accusati di concorso in omicidio volontario con dolo eventuale nel processo di appello bis.

La ricostruzione dei fatti

Secondo la ricostruzione dell'epoca, Vannini si trovava a casa della fidanzata, nella vasca da bagno, quando nella stanza è entrato Ciontoli per prendere da una scarpiera un'arma dalla quale è partito il colpo che ha ferito il ragazzo. Secondo l'accusa, ci sarebbe stato un ritardo "consapevole" nei soccorsi. Le condizioni di Vannini si sarebbero aggravate, fino a provocarne la morte.

La richiesta di condanna

Il procuratore generale ha sollecitato la condanna per i quattro, tra cui c'è anche Martina, fidanzata di Vannini. In subordine il pg ha chiesto per i figli e la moglie di Ciontoli di valutare l'ipotesi di concorso anomalo in omicidio, in base all'articolo 116 del codice penale, e condannarli alla pena di 9 anni e 4 mesi di reclusione. Il processo d'appello bis era stato disposto dalla Cassazione che aveva annullato il primo giudizio di secondo grado chiedendo di riconoscere il reato di omicidio volontario con dolo eventuale.

Il procuratore: "Menzogne e condotte assurde"

"Una serie di menzogne, di condotte assurde e impensabili". Sono le parole del procuratore Saveriano nella sua requisitoria. Descrivendo la condotta degli imputati, il pg ha affermato che da parte dei famiglia Ciontoli c'è stato "un disegno programmato a cui tutti hanno aderito a costo di fare morire Marco. Reticenze, inoltre, hanno caratterizzato questo processo. La Cassazione indica ben 11 riferimenti a dimostrazione di una linea comune adottata da un intera famiglia per inquinare le prove". Secondo l'accusa gli imputati "hanno mentito in continuazione allo scopo di evitare che il capofamiglia Antonio perdesse il posto di lavoro. Hanno fornito false informazioni ai sanitari scegliendo di rimanere inerti, per oltre una ora, e non attivare alcuna richiesta di soccorso mentre Vannini moriva dissanguato".

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