L'uomo di 53 anni ha ottenuto la prescrizione della condanna a un anno e tre mesi di reclusione inflittagli in primo e secondo grado dai giudici della Capitale. Il ricorso è stato tenuto fermo anziché essere trasmesso in Cassazione
A causa di un ritardo della cancelleria della Corte di Appello di Roma, che per oltre venti mesi ha tenuto fermo un ricorso anziché trasmetterlo in Cassazione, un uomo di 53 anni, G. O., condannato per stalking e altri reati ai danni di moglie e figlie minori, ha ottenuto la prescrizione della condanna a un anno e tre mesi di reclusione. La condanna gli era stata inflitta in primo e secondo grado dai giudici della Capitale. Il ritardo è stato raccontato nel verdetto 5039 della Cassazione, alla quale non è rimasto che dichiarare la prescrizione. Secondo i giudici, "soltanto il 21 marzo 2019 la cancelleria della Corte di Appello di Roma inviava alla Cassazione il ricorso, presentato il 10 luglio 2017" dall'avvocato del 53enne contro la sentenza d'appello emessa il 24 febbraio 2017. In precedenza, il cinque luglio 2018 la Cassazione ha condannato l'imputato respingendo il ricorso dell'avvocato Nino Marazzita, ma poi il 21 marzo 2019 la Corte d'appello ha inoltrato il ricorso 'bloccato' firmato dal secondo difensore dell'uomo e il 53enne ha ottenuto la prescrizione.
La vicenda
L'uomo era accusato di violazione di domicilio, danneggiamenti, atti persecutori e mancata esecuzione del provvedimento del giudice. Secondo le accuse, non aveva mai accettato di lasciare la casa coniugale a moglie e figlie e aveva fatto rappresaglie di ogni tipo: si arrampicava sulle grate, staccava il contatore dell'energia, brandiva bastoni, arrivando anche a stazionare otto giorni in veranda. È stato condannato senza attenuanti a 15 mesi e al risarcimento dei danni, ma per effetto della trasmissione del secondo ricorso 'tardivo', firmato dall'avvocato Maurizio Teti del Foro di Vibo Valentia e arrivato alla Suprema Corte il 21 marzo 2019, la Cassazione ha fissato l'udienza il sei giugno 2019. In base alle regole di procedura quest'ultima è stata costretta ad annullare la condanna emessa il 5 luglio 2018 dagli stessi 'ermellini' e relativa al ricorso presentato dall'avvocato Marazzita, perché i ricorsi di uno stesso imputato contro la medesima sentenza devono essere trattati "unitariamente".
"Mero errore materiale"
Con la decisione emessa il 6 giugno 2019, "la Prima sezione penale, riscontrato che, per mero errore materiale nella trasmissione da parte della cancelleria del giudice di appello, all'atto della precedente decisione di legittimità non si aveva avuto contezza dell'avvenuta proposizione di un ulteriore atto di ricorso, mai esaminato, revocava la sentenza emessa in precedenza dalla Quinta sezione penale e rinviava a nuovo ruolo il procedimento per la celebrazione della fase rescissoria". L'8 novembre 2019 viene fissata una nuova udienza davanti alla Prima sezione penale della Cassazione alla quale non resta che constatare che dopo l'appello del 24 febbraio 2017, a seguito di tutte le vicissitudini originate a causa del ricorso in 'stand by' per 20 mesi, è decorsa la prescrizione che maturava dopo sette anni e sei mesi dal verificarsi dei reati che risalgono al 2012. Siccome non ci sono motivi per "pervenire al proscioglimento dell'imputato nel merito degli addebiti", la condanna è stata annullata senza rinvio "ferme restando le statuizioni civili" in favore della ex moglie e delle figlie, difese dagli avvocati Roberto Chiari e Andrea Roggiero.