Caso Di Pietrantonio, "controllo ossessivo" tra motivi dell'ergastolo

Lazio
Foto di Archivio (Agenzia Fotogramma)

Vincenzo Paduano il 9 maggio 2016, in via della Magliana a Roma, aveva ucciso e poi dato alle fiamme l'ex fidanzata

Un controllo pressante e ossessivo attuato nei confronti dell'ex fidanzata: questo integra il reato di atti persecutori che unito all'omicidio "fissa" nell'ergastolo la condanna per Vincenzo Paduano. Il giovane il 9 maggio 2016, in via della Magliana a Roma, aveva ucciso e poi dato alle fiamme l'ex fidanzata Sara Di Pietrantonio. Per i giudici il reato di atti persecutori non può essere agganciato all'omicidio e considerato un'aggravante, ma deve essere valutato come un reato autonomo. Tutto questo è contenuto nelle motivazioni della sentenza del secondo processo d'appello celebrato per Paduano dopo un rinvio da parte della Cassazione.

Il processo

In primo grado Paduano è stato condannato all'ergastolo dopo il processo col rito abbreviato. In appello però i giudici hanno rideterminato in trent'anni la condanna, ritenendo assorbito nel reato di omicidio anche il reato di atti persecutori. La Cassazione, invece, ha bocciato questa conclusione, incaricando nuovi giudici d'appello di rivalutare il trattamento sanzionatorio alla luce del principio di diritto per cui l'omicidio aggravato non assorbe gli atti persecutori. Adesso, i giudici hanno scritto la nuova 'pagina' processuale arrivando a condannare Paduano a quattro anni per stalking e la pena sommata a quella dell'omicidio fa scattare l'ergastolo.

Le motivazioni

"Particolarmente significativo - scrivono i giudici in sentenza - appare l'andamento progressivamente crescente dell'aggressività del Paduano nei confronti della sua ex ragazza, derivante dall'impossibilità di mantenere il controllo totale sulla vita di lei". E dall'esame dei contatti avuti dai due fidanzati emerge come "dopo un'iniziale atteggiamento quasi collaborativo della Di Pietrantonio, la ragazza abbia manifestato resistenze e una sostanziale insofferenza verso le intrusioni dell'imputato nella sua vita; atteggiamento che ha innescato il processo che ha poi portato all'esito mortale".

"Un quadro allarmante

Il fatto che Sara "abbia almeno inizialmente adottato le medesime condotte di controllo contestate al Paduano, nulla toglie alla configurabilità del reato di atti persecutori e alla gravità delle condotte". Secondo i giudici, dalle prove testimoniali raccolte emerge quindi "un quadro allarmante" fatto di "una relazione caratterizzata da un controllo pressante e ossessivo attuato dal Paduano nei confronti della ragazza, anche attraverso condotte 'fraudolente', palesemente finalizzate a far cadere in contraddizione la vittima per potere 'smascherare' una sua qualche infedeltà, ovvero una sua qualche menzogna; condotte tutte dirette a destabilizzare la vittima, anche separandola dal suo contesto affettivo ed amicale". Un crescendo di reati che per i giudici non possono che portare a condannare Paduano al carcere a vita per omicidio e anche per stalking.

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