Vitalizi ai parlamentari, cosa sono e come si calcolano

Politica

Aboliti nel 2012, sono un’erogazione mensile che spettava a deputati e senatori al termine del loro mandato. Nel 2018 una delibera voluta dal M5S ha stabilito il ricalcolo con metodo contributivo di tutti gli assegni. Una decisione accompagnata dalle proteste

Sono uno degli argomenti che più hanno caratterizzato il dibattito politico italiano negli ultimi anni. Cavallo di battaglia del M5S, che li ha sempre considerati un ingiustificato privilegio della “Casta”, i vitalizi sono una rendita mensile concessa a parlamentari e senatori al termine del loro mandato: durano per tutta la vita (COME FUNZIONA NEGLI ALTRI PAESI. FOTO).

Ufficialmente aboliti nel 2012 e sostituiti dalla pensione basata sui contributi versati, sono ancora al centro dello scontro istituzionale, dopo che nel 2018 una delibera di iniziativa pentastellata ha stabilito il ricalcolo secondo il metodo contributivo degli assegni erogati a oltre 2600 ex deputati e senatori: una sforbiciata con tagli fino al 60% dell’importo percepito fino a quel momento. Una decisione che ha scatenato le critiche di molti ex parlamentari: circa 2mila stanno portando avanti ricorsi giudiziari contro il ricalcolo dei loro trattamenti pensionistici. Sui loro ricorsi il verdetto di Camera e Senato è atteso a fine febbraio 2020. L’eventuale riabilitazione del beneficio economico a favore dei senatori, sul quale dovrà esprimersi la Commissione contenziosa di Palazzo Madama, ha mobilitato il M5S, che sabato 15 febbraio è sceso in piazza a Roma per ribadire la sua contrarietà al vitalizio (FOTO). Ma cosa sono i vitalizi, come si calcolano e cosa è cambiato negli ultimi anni? 

Cosa sono i vitalizi

Il vitalizio dei parlamentari in Italia è una erogazione mensile che spettava a ciascun deputato e senatore al termine del mandato parlamentare, sulla base di alcuni requisiti di anzianità e di permanenza nelle funzioni elettive. I vitalizi allo stato attuale sono erogati agli ex parlamentari che abbiano alle spalle almeno cinque anni di mandato effettivo svolto prima del 2012 e abbiano compiuto 65 anni (per ogni anno di mandato in più, l’età si abbassa di un anno, fino al minimo di 60 anni). La spesa per i vitalizi non grava sul bilancio dell’Inps, ma su quello degli organi istituzionali di cui il beneficiario faceva parte.

Quando nascono

La Costituzione italiana non prevede il vitalizio per i parlamentari, ma consente alle due Camere di auto-organizzarsi. Nel 1954, gli uffici di presidenza di Montecitorio e Palazzo Madama decidono di introdurre l’erogazione di una somma mensile al termine dell’attività parlamentare per supportare chi era costretto a lasciare il proprio lavoro per accettare l’incarico elettivo. Il vitalizio scattava al compimento dei 60 anni: per maturare il diritto, era sufficiente un solo giorno in Parlamento, salvo riscattare il periodo rimanente pagando i contributi che si sarebbero versati fino al mandato pieno. Erano calcolati in modo retributivo, cioè in base all’ultimo stipendio ricevuto.

Le prime modifiche

Nel 1997 arrivano i primi cambiamenti. L’importo scende dall’85,5% dello stipendio all’80%, l’età minima sale a 65 anni ed entra in vigore un periodo minimo di attività parlamentare da portare a termine prima di conquistare il vitalizio: due anni e sei mesi. Dieci anni dopo, nel 2007, l’importo diventa variabile in base all’anzianità di mandato e la soglia minima sale a quattro anni, sei mesi e un giorno.

2012: sostituiti dalla pensione dei parlamentari

Il 2012 è l’anno che trasforma la rendita dei parlamentari in una erogazione di tipo pensionistico, adeguandola al sistema contributivo vigente in Italia. I vitalizi non esistono più. O meglio, non esistono più per i parlamentari eletti a partire dal primo gennaio 2012. Da allora, esiste la pensione dei parlamentari, che assomiglia all’istituto dei vitalizi per quanto riguarda i requisiti (65 anni di età per chi ha portato a termine un mandato, 60 per chi ne ha fatto più di uno), ma non per quanto riguarda l’importo: l’ammontare viene infatti calcolato in base ai contributi versati durante il mandato parlamentare. Per chi aveva già maturato un assegno vitalizio ed è rimasto in carica dopo il 2012, il sistema viene ricalcolato pro rata, cioè solo per le indennità successive all’entrata in vigore del provvedimento, in modo da salvaguardare i diritti acquisiti.

La riforma voluta dal M5S

Nel 2018 la riforma voluta dal M5S stabilisce il ricalcolo con il sistema contributivo degli assegni vitalizi maturati fino al 31 dicembre 2011. Ciò significa che non viene più erogato un assegno all'ex parlamentare sulla base dell'ultimo stipendio ricevuto, ma sulla base di quanti contributi ha effettivamente versato. In base a quanto stabilito dalla delibera, il taglio ai vitalizi avviene attraverso l'introduzione di un tetto che si calcola sulla base dell'ultimo vitalizio percepito al 31 ottobre 2018. In media il taglio è del 20% circa. Ci sono due tetti minimi: uno di 980 euro per chi ha una sola legislatura alle spalle e uno di 1.470 euro per i vitalizi che hanno un taglio di oltre il 50% con le nuove regole. Secondo il M5S, che ha fortemente sostenuto la riforma considerando privilegi ingiustificati i vitalizi conseguiti dagli ex parlamentari, ogni anno ci sarà un risparmio di 40 milioni per le casse della sola Camera.

Casi noti

Negli anni alcuni casi di ex parlamentari sono diventati particolarmente noti, soprattutto quelli di chi ha percepito il vitalizio pur rimanendo in Parlamento per pochissimo tempo e di chi si è pubblicamente lamentato del taglio della propria rendita. Sul banco degli “imputati” sono finiti in particolare due ex parlamentari dei Radicali: Piero Craveri, senatore per solo una settimana nel luglio 1987, che fino a dicembre 2018 ha incassato circa 2300 euro netti al mese, e Angelo Pezzana, deputato dal 6 al 14 febbraio 1979, con un vitalizio di oltre 2200 euro netti. Tra gli ultimi ex parlamentari che hanno protestato contro il taglio, invece, c’è Ilona Staller, in arte Cicciolina, ex parlamentare del Partito radicale. "Da 3.100 euro lordi che prendevo, mister 'genio' - ha detto l'ex pornostar, riferendosi al capo politico del M5S Luigi Di Maio - mi ha messo mille euro al mese... Nel frattempo potevo anche morire di fame se non mi davo da fare. Ma con un governo così mi sa che me ne vado dall'Italia".

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