Meno costi e maggiore efficienza sul fronte del Sì, riduzione della rappresentatività sul fronte del No: sono queste le principali motivazioni dei due schieramenti in merito al quesito referendario sulla conferma della riduzione del numero dei parlamentari. Ecco nel dettaglio le due posizioni
Nell'election day del 20 e 21 settembre gli elettori sono chiamati a votare anche per il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. I cittadini devono confermare o meno il testo della legge costituzionale che modifica gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione riducendo il numero dei parlamentari, già approvato dal parlamento. Non è richiesto il quorum di partecipazione del 50% più uno. Riduzione dei costi, maggiore efficienza sul fronte del Sì, riduzione della rappresentatività sul fronte del No: sono queste le principali questioni sollevate dai due diversi schieramenti in merito al quesito referendario. Vediamo quindi le ragioni del Sì e quelle del No.
Le ragioni per il Sì
Sono principalmente due le motivazioni addotte da chi sostiene il Sì. Il primo è la riduzione dei costi della politica, che si otterrebbe - secondo chi è a favore della riforma - grazie al taglio dei parlamentari. Secondo l’Osservatorio dei conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano, il risparmio effettivo - calcolato al netto delle imposte e dei contributi pagati dai parlamentari allo Stato - sarebbe di 285 milioni a legislatura o 57 milioni annui, pari allo 0,007 per cento della spesa pubblica italiana. Secondo invece gli esponenti del M5s – a favore del Sì - Luigi Di Maio e Riccardo Fraccaro, il taglio dei parlamentari garantirà un risparmio di circa 500 milioni di euro a legislatura, ovvero 100 milioni annui.
Il secondo argomento principale dei sostenitori del Sì è una maggiore efficienza nei lavori parlamentari, con una riduzione dei tempi di discussione e delle polemiche, e con una partecipazione più attiva da parte di ciascun parlamentare. Secondo chi è a favore del taglio, il minore numero di parlamentari comporterebbe Camere più snelle ed efficienti. Per i sostenitori del No, invece, la riduzione dei parlamentari non inciderebbe sull'efficienza dei lavori parlamentari, visto che rimarerebbe inalterato il bicameralismo perfetto, con due Camere che continuano ad avere esattamente le stesse funzioni. Per i sostenitori del Sì, i correttivi da apportare ai regolamenti parlamentari con il nuovo numero di deputati e senatori non sarebbero significativi. Per chi vota No l’opinione è opposta, sostenuta dalla convinzione che sono i regolamenti parlamentari a incidere in modo più evidente sul funzionamento dell'istituzione.
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Le ragioni per il No
La principale contestazione del fronte del No riguarda la riduzione di rappresentatività del Parlamento. Come spiega l’agenzia Agi, attualmente l’Italia ha un rapporto di 1 eletto ogni 64mila persone, con 945 parlamentari eletti e 60,4 milioni di abitanti. Se la riforma costituzionale dovesse essere approvata, con 600 parlamentari eletti, il rapporto diventerebbe di un eletto ogni 101mila persone. In Europa avrebbero quindi una minor rappresentanza soltanto la Germania (1 su 117 mila), la Francia (1 su 116mila) e l’Olanda (1 su 115mila), mentre il Regno Unito avrebbe un rapporto molto simile (1 su 102mila). Secondo chi vota Sì, invece, non si determinerebbe una riduzione particolarmente importante e il Parlamento non ne uscirebbe nel complesso indebolito. Per chi sostiene il No, l’aumento dell’efficienza del Parlamento non sarebbe automaticamente legato al minor numero di parlamentari. Per ottenerlo, secondo chi è contrario alla riforma, servirebbe invece una revisione dei meccanismi di formazione del processo legislativo, aspetto che la riforma non tocca.
Altro motivo addotto dai sostenitori del No è il rischio di avere territori sotto-rappresentati. Soprattutto al Senato, che viene eletto su base regionale. Anche se la Costituzione prevede per ogni territorio un numero minimo di seggi (sette senatori per ogni regione, tranne due per il Molise e uno per la Valle d’Aosta), per chi vota No le regioni più piccole non sarebbero adeguatamente rappresentate. Altro rischio per contrari alla riforma è è che nei collegi diventati più piccoli (dato che devono eleggere meno deputati e senatori) possano ottenere seggi solo i partiti più grandi, con tutti gli altri a rimanere esclusi. Altro fattore, secondo i sostenitori del No, è che riduce la rappresentanza.
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Cosa accade se vince il Sì
I cittadini vengono interpellati sul testo della legge costituzionale che modifica gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione sulla riduzione del numero dei parlamentari, approvato dal parlamento nell’ottobre 2019. In caso di vittoria del Sì, verrà confermata la riforma, che prevede che la Camera passi da 630 a 400 deputati, mentre il Senato da 315 a 200 eletti (LE INFOGRAFICHE). La riduzione del numero è del 36,5%. Meno parlamentari significa anche che ogni membro del parlamento italiano rappresenterà più elettori. Ossia, il rapporto numerico tra eletti e votanti cresce. Il taglio, se approvato, avrà un impatto anche sui numeri per eleggere il presidente della Repubblica: la maggioranza qualificata - necessaria per eleggere il capo dello Stato nei primi tre scrutini - passerà da 673 grandi elettori a 439. Quella assoluta - dal quarto scrutinio in poi - scenderà da 505 a 330.